La legge elettorale calabrese così com’è non va bene. Il governo Renzi non intende fare sconti e per questo motivo impugnerà davanti alla Corte costituzionale il testo approvato a Palazzo Campanella lo scorso 3 giugno con i soli voti della maggioranza di centrodestra. Gli ultimi dubbi sono caduti dopo che i tecnici del ministero per gli Affari regionali hanno stilato la loro relazione sul testo di legge. Adesso si attende il parere della direzione centrale dei servizi elettorali del Viminale, dopodiché la pratica approderà in Consiglio dei ministri. A non convincere i burocrati degli Affari regionali sono soprattutto le soglie di sbarramento – fissate al 15% per le singole liste non coalizzate, il 4% in caso di appartenenza a uno schieramento – e la reintroduzione della figura del “consigliere supplente” (il via libera è arrivato dopo la modifica dello Statuto regionale) ovvero la possibilità che il consigliere regionale nominato assessore lasci lo scranno al primo dei non eletti della sua lista.
L’impugnazione della legge elettorale – per la quale il governo ha fino a 60 giorni di tempo dalla pubblicazione – non ferma comunque l’iter del voto perché «non produce effetti sospensivi» sul testo. E d’altronde a spingere per uno stop c’è pure Palazzo Chigi, convinto ora più che mai – alla vigilia di un sempre più probabile incontro tra lo stesso Renzi e i vertici del Movimento 5 Stelle – che le regole del voto vadano scritte cercando il massimo consenso tra le forze politiche. Non esattamente quello che è successo in Calabria. «Una soglia minima al 15% – scrive oggi sul Corsera Gian Antonio Stella – studiata apposta nel disperato tentativo di tener fuori un movimento che, piaccia o non piaccia, è oggi la seconda forza politica della regione dopo essere stata addirittura la prima è porcatissima mai vista».
Davanti all’impugnativa del governo il consiglio regionale – che non ha nemmeno tenuto conto di un parere preventivo fornito dall’ufficio legislativo dell’Astronave – potrebbe correre ai ripari correggendo autonomamente le criticità rilevate? «La natura dell’interesse pubblico protetto – spiega Silvio Gambino, docente di Diritto pubblico all’Università della Calabria –, quello ad avere una legge elettorale valida per la sua concreta attuazione – legge costituzionalmente necessaria –, porta a ritenere che – quasi come se si trattasse di autotutela amministrativa, ma non è la stessa cosa naturalmente – il consiglio regionale a fronte dell’impugnazione governativa alla Corte costituzionale può rimuovere le cause della sospetta illegittimità rideliberando sulla legge regionale, almeno nei profili riguardati dall’impugnativa governativa alla Consulta». In buona sostanza il principio da far valere è che il consiglio regionale può approvare provvedimenti «indifferibili» anche se ha esaurito ormai le sue funzioni ovvero anche se la legislatura è finita. «Questo è ancora più vero – dice ancora Gambino – a fronte di una deliberazione che si renda necessaria per conformare la legge regionale sospetta di illegittimità alla Costituzione».
Quanto al percorso che porterà al voto, la palla non è più in mano al prefetto di Catanzaro. Nel nuovo testo viene previsto, tra l’altro, che la facoltà di indire le elezioni passa al presidente della giunta regionale – in questo caso il presidente facente funzioni Antonella Stasi – che le convoca per decreto «sentito il presidente del consiglio regionale e d’intesa con il presidente della Corte d’appello di Catanzaro». Il range temporale su cui vanno concentrandosi le maggiori attenzioni è quello compreso tra il 20 ottobre e il 15 novembre. Anche per questo motivo in Calabria sarà un’estate incandescente.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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