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Curciarello unico responsabile dell'omicidio Cordì

REGGIO CALABRIA L’unico responsabile dell’omicidio di Salvatore Cordì, all’epoca del suo omicidio – il 31 maggio 2005 – boss dell’omonimo clan all’epoca impegnato in una feroce faida con i Cataldo,…

Pubblicato il: 19/06/2014 – 21:12
Curciarello unico responsabile dell'omicidio Cordì

REGGIO CALABRIA L’unico responsabile dell’omicidio di Salvatore Cordì, all’epoca del suo omicidio – il 31 maggio 2005 – boss dell’omonimo clan all’epoca impegnato in una feroce faida con i Cataldo, è Michele Curciarello. Non ci sono complici, non c’è mandante. È quanto emerge dal combinato disposto delle sentenze con cui, nelle stesse ore, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato l’ergastolo a carico di Curciarello, assolvendo però Antonio Panetta, Antonio Martino e Domenico Zucco, per i quali il sostituto procuratore generale Alberto Cianfarini e il pm della Dda  reggina Antonio De Bernardo  avevano invocato l’ergastolo, mentre a Roma  la Cassazione assolveva definitivamente il boss Antonio Cataldo “Papuzzedda” dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio.

Un’accusa che aveva retto in primo e in secondo grado consegnando al boss una condanna a trent’anni, da cui si era salvato solo grazie a un’assoluzione con rinvio a un nuovo processo d’appello disposta dalla Cassazione. Un procedimento in cui il boss aveva rimediato l’assoluzione che oggi i Supremi giudici hanno confermato nonostante gli elementi di prova negli anni collezionati dalla pubblica accusa, non ultima la conversazione – registrata dalle cimici degli investigatori la notte stessa dell’omicidio di Cordì – in cui si ascolta il boss Antonio Cataldo affermare: “Un compare ha ucciso un maiale”. Un messaggio in codice – hanno sempre sostenuto i magistrati della Dda – per indicare che il boss rivale era stato freddato in risposta all’agguato del 15 febbraio 2005 in cui perse la vita il cugino del boss, Giuseppe Cataldo, ma che così non è stato valorizzato dai giudici di appello e della Suprema Corte. Allo stesso modo, poco nel processo di appello a carico di Curciarello, Panetta, Martino e Zucco, sembrano aver pesato le dichiarazioni dei pentiti Antonio Cossidente, ex boss dei basilischi, e di Domenico Oppedisano, fratellastro del boss Salvatore Cordì. Proprio quest’ultimo, ai pm ha sempre detto di aver deciso di collaborare con la giustizia nel momento in cui la sua famiglia gli avrebbe chiesto di testimoniare il falso in favore dei presunti assassini del fratello Salvatore. Una testimonianza necessaria per negare una faida che le ‘ndrine preferivano gestire fra loro e senza che la magistratura potesse utilizzare i fatti di sangue per costringere capi e gregari per lungo tempo dietro le sbarre. Dichiarazioni che si incastrano con quelle di Cossidente, che ha sempre affermato di aver saputo da Guido Brusaferri, che la tregua fra i Cataldo e i Cordì sarebbe stata una “pace finta”, necessaria per privare i magistrati di elementi a sostegno delle indagini in corso sugli innumerevoli fatti di sangue di quegli anni. Tutte rivelazioni che negli ultimi anni hanno superato lo scoglio di processi di rito e grado diverso, ma che – a quanto pare – non sono state sufficienti per la condanna di Panetta, Martino e Zucco, ritenuti dalla Dda a vario titolo responsabili, al pari di Curciarelllo, dell’omicidio Cordì. (0050)

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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