A venti anni esatti dai fatti raccontati e nove anni dopo che questi sono stati raccolti in un verbale dalla Procura distrettuale di Reggio Calabria, affiorano, attraverso il deposito al Tribunale del Riesame che deve decidere sulla posizione dell’ex parlamentare Amedeo Matacena, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonino Zavettieri che dovrebbero macchiare la storia politica di Marco Minniti attribuendogli di aver chiesto ed ottenuto l’appoggio di uomini della ‘ndrangheta nella competizione elettorale.
A trovare, con un fortunato guizzo investigativo, le due pagine tra le oltre mille depositate, è la redazione del Tg7 di Enrico Mentana che ne dà ampia notizia nel notiziario del 18 giugno.
Leggiamo le dichiarazioni di Zavettieri: «Noi votavamo a Matacena e Peppe Greco, il figlio di Ciccio, capo ‘ndrangheta di Calanna, appoggiava a Minniti, all’Onorevole Minniti».
«Minniti?», chiede il pm, e il pentito replica affermando: «Marco Minniti».
Durante l’interrogatorio il collaboratore di giustizia entra nel dettaglio evidenziando come l’attuale sottosegretario «ha preso 800 voti a Calanna nel ’94 e nel ’96, e anche coso… là… Don Rocco Musolino appoggiava a Minniti che lo ha fatto uscire dal carcere tre giorni prima delle elezioni, si era impegnato a farlo uscire».
Certamente è una mera coincidenza, il fatto che la scoperta dei due fogli a 20 anni dai fatti ed a nove dal narrato, venga fuori il giorno dopo che “Il Fatto Quotidiano online” dà notizia di un imminente passaggio di Marco Minniti al ruolo di ministro dell’Interno al posto del plurinfortunato Angelino Alfano.
Altrettanto certamente, però, ci sono alcuni dati di fatto che nessuno ha preso in considerazione:
1) Nel 1994 Minniti non ha potuto avere gli ottocento voti dei mafiosi di Calanna semplicemente perché non era candidato (al suo posto venne candidato in quel collegio un medico di Rifondazione comunista).
2) A Calanna i cittadini aventi diritto al voto erano 976, divisi tra 846 residenti in Calanna e 128 residenti all’estero.
3) Analogamente avvenne nel 1996 quando Minniti effettivamente venne candidato e venne battuto, nel collegio, da Amedeo Matacena. Ma anche qui esitano due dettagli: Minniti era candidato anche come capolista dell’Ulivo, quindi non era legato al risultato del collegio e, soprattutto, don Rocco Musolino non poté lasciare il carcere due giorni prima del voto semplicemente perché lo aveva fatto già diversi anni prima.
Per evitare imbarazzi istituzionali altrui, conscio anche della delicatezza del ruolo che oggi ricopre, il sottosegretario Minniti aveva deciso di non replicare, decisione accantonata, però, in presenza dell’odierna dichiarazione a firma dei parlamentari calabresi del Movimento 5 Stelle secondo i quali «sono gravissime le accuse nei confronti del senatore Pd Marco Minniti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti, che secondo un ex killer di ‘ndrangheta, ora pentito, avrebbe ricevuto voti in ambienti mafiosi». I parlamentari M5S Dalila Nesci, Nicola Morra, Paolo Parentela e Federica Dieni, aggiungono: «Il senatore Minniti ha un ruolo di governo delicatissimo, incompatibile con le accuse in questione. Pertanto, è più che opportuno che il sottosegretario del governo Renzi lasci subito la responsabilità dei Servizi segreti, in attesa che sia fatta piena luce sulla vicenda». «Ogni giorno – continuano i parlamentari Cinque Stelle – l’opinione pubblica è scossa da notizie sulla totale inaffidabilità della classe politica, che in Calabria è spesso legata alla ‘ndrangheta. È recente la condanna in appello dell’ex consigliere regionale del Pdl Franco Morelli, per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione».
Nesci, Morra, Parentela e Dieni concludono: « Da tempo il Movimento Cinque Stelle insiste, con atti parlamentari e interventi pubblici, sulla collusione tra istituzioni e criminalità organizzata. Da tempo diciamo, senza riverbero, che questo connubio è il primo problema della Calabria, da cui dipendono la disoccupazione, l’emigrazione e l’inadeguatezza dei servizi pubblici essenziali; a partire dalla sanità».
Da qui la nota diffusa da Palazzo Chigi.
«L’Ufficio Stampa del Sott. Minniti in merito alle dichiarazioni dei deputati del movimento 5 Stelle precisa che:
– il Sig. Zavettieri in una nota rilasciata ieri ed inviata alla stampa dichiara di considerarsi inattendibile e di non aver mai conosciuto il Sen. Minniti se non attraverso i media, così facendo conferma un’analoga dichiarazione pubblica del 12 ottobre 2012 nella quale ricordava di essere uscito volontariamente dal programma di protezione già nel 2010;
– nel merito delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia si riferisce de relato di un presunto appoggio nelle campagne elettorali del 1994 e del 1996. A questo proposito si sottolinea che nel 1994 il Sen. Minniti non era nemmeno candidato, come può facilmente evincersi da una semplice verifica sulle liste elettorali. Nel 1996 l’appoggio si sarebbe concretizzato sempre secondo Zavettieri in un consenso nel comune di Calanna pari a 800 voti. Da un’elementare verifica sul sito del Ministero dell’Interno risulta quanto segue: nel comune di Calanna i votanti complessivi erano 812; nell’uninominale: Matacena Amedeo ottenne 471 voti, Castrizio Giuseppina 42 voti, Albanese Mariano 4 voti, oltre a 116 schede non valide. Purtroppo non viene registrato il risultato del Sen. Minniti, risulta tuttavia evidente che lo stesso o non ha preso alcun voto oppure ne ha presi molti molti meno degli 800 riferiti. Nel proporzionale, poi, il Pds, di cui il Sen. Minniti era capolista, ottenne 40 voti. Da tutto ciò risulta evidente l’assoluta infondatezza delle dichiarazioni rese.
Infine, su esplicita richiesta del Sen. Minniti, la Procura della Repubblica di Reggio Calabria con apposita nota ha precisato, tra l’altro, che quelle dichiarazioni riferite allo stesso Sen. Minniti non hanno assunto alcun rilievo». (0030)
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