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Bindi: «Fare chiarezza sull'omicidio Caccia»

TORINO «Quando lo Stato si organizza per ingaggiare una battaglia forte contro le mafie ce la fa, come dimostrano i successi avvenuti in questi ultimi tempi contro mafia e camorra; quando inve…

Pubblicato il: 26/06/2014 – 13:27
Bindi: «Fare chiarezza sull'omicidio Caccia»

TORINO «Quando lo Stato si organizza per ingaggiare una battaglia forte contro le mafie ce la fa, come dimostrano i successi avvenuti in questi ultimi tempi contro mafia e camorra; quando invece si distrae, come credo sia successo nei confronti dell’ndrangheta, si arresta». Il presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, ha ricordato il procuratore capo del capoluogo piemontese ucciso dalla criminalità organizzata 31 anni fa. La Bindi ha partecipato a Torino alla presentazione del rapporto sulle mafie al Nord. Nel corso dell’incontro la presidente ha sottoineato come «la lotta contro la mafia in Sicilia e la camorra in Campania hanno probabilmente distratto l’attenzione sulla ‘ndrangheta e sulla sua espansione al Nord. Questo si evince anche – ha affermato – da quanto accaduto qui in Piemonte dove 31 anni fa è stato ucciso l’allora procuratore capo di Torino Bruno Caccia. Eppure spesso la presenza della ‘ndrangheta al Nord è stata negata. Questi anni lacunosi hanno consentito alla ‘ndrangheta di rafforzarsi, fino a diventare la mafia più potente e ricca al mondo: continua a tenere la Calabria in una situazione drammatica e a fare affari in Europa e nel resto del mondo. Qui al Nord non si concentrano atti di particolare violenza, cosa che invece avviene ancora al Sud, quanto piuttosto atti di corruzione portati avanti senza ricorrere all’uso delle armi. Qui sono ancora più importanti che al Sud le “amicizie” giuste con politici, potenti e imprenditori. Per questo si rende fondamentale lavorare sempre più in rete tra le forze antimafia e in stretta collaborazione con tutta l’Europa. In questi anni la ‘ndrangheta, una delle mafie più forti al mondo, è stata sottovalutata».  

«Ricordare un uomo come il procuratore Caccia, che non ho mai conosciuto ma di cui conosco bene la storia, ha un gran valore nel contesto della lotta alle mafie oggi ancora così forti – ha aggiunto Rosy Bindi rivolgendosi in modo particolare alla figlia del magistrato, Cristina Caccia –. È un modo per ribadire che noi continuano a fare il nostro lavoro. Un lavoro in cui crediamo». Bindi ha poi raccolto l’invito di Cristina Caccia a «continuare a cercare la chiarezza sull’omicidio del procuratore». «È giusto raccogliere questa richiesta – ha concluso – e non solo per la famiglia e per Torino. È il Paese che vuole sia fatta chiarezza su troppe colpe ancora senza colpevoli. Per capire chi siamo oggi bisogna guardare con attenzione a ciò che è stato, senza tralasciare nulla. Caccia non può essere morto per nulla. Dobbiamo recuperare il tempo perduto in questi anni». 

la necessità di fare chiarezza sull’omcidio Caccia è stata ribadita anche da Davide Mattiello, deputato piemontese del Pd e componente della commissione Antimafia, che si unisce all’auspicio della famiglia del magistrato ucciso 31 anni fa dalla criminalità organizzata. «Esistono fatti nuovi, raccolti e rappresentati nell’esposto dell’avvocato Repici – osserva Mattiello –. L’assassinio di Caccia è avvenuto per ordine di Domenico Belfiore, boss ‘ndranghetista, che per questo sconta l’ergastolo. Non è più possibile accontentarsi dell’immagine del boss mafioso irritato dalla indisponibilità del magistrato integerrimo e che per questo lo fa eliminare. Non è credibile, anche considerando l’eccezionalità di questo omicidio: Caccia resta l’unico magistrato ucciso dalla mafia al Nord. Bisogna cercare la verità pensando al sofisticato depistaggio posto in essere subito dopo l’assassinio, cogliendo i collegamenti che emergono con una figura inquietante come Rosario Cattafi e quelli da esplorare col tentato omicidio del Pretore Selis di Aosta nell’82. Dietro l’omicidio di Bruno Caccia c’è molto più che la mafia». (0050)

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