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I conti della Regione? Un film già visto a Reggio

Mentre Antonella Stasi cincischia, cercando di narcotizzare i calabresi, gli ispettori della Ragioneria dello Stato fanno arrivare sul tavolo del ministro Padoan e del premier Renzi un nuovo allarm…

Pubblicato il: 26/06/2014 – 11:16
I conti della Regione? Un film già visto a Reggio

Mentre Antonella Stasi cincischia, cercando di narcotizzare i calabresi, gli ispettori della Ragioneria dello Stato fanno arrivare sul tavolo del ministro Padoan e del premier Renzi un nuovo allarmante rapporto sulla Regione Calabria. Un rapporto che lascia serafici nelle loro imposture i governanti calabresi ma crea grande allarme a Palazzo Chigi. Il succo è questo: la Calabria rischia il fallimento anche sotto il profilo della contabilità corrente.
Lo scrivono chiaro gli ispettori: se non si interviene immediatamente il default è inevitabile e a preoccupare non c’è soltanto il folle aumento di spesa (si è passati dal 35% delle entrate correnti registrato nel 2008 al 58% calcolato dalla Ragioneria dello Stato nel 2012), atterrisce piuttosto il fatto che esiste una montagna di debiti contratti fuori bilancio che gli stessi ispettori, «stante l’assoluta assenza di certificazioni nel merito e la non confortante collaborazione degli uffici interpellati», non sono riusciti e non riescono a quantizzare.
Fermiamoci qui perché pare proprio di assistere ad un film già visto. Il film è quello che ha seguito analoga ispezione del Mef al Comune di Reggio Calabria. Si replica l’identico copione, anche in quella circostanza gli ispettori del Tesoro trovarono artifizi contabili finalizzati a mascherare il totale dissesto delle casse comunali, la distrazione di ingenti fondi utilizzati per finalità diverse da quelle a cui erano destinati, la vertiginosa crescita del contenzioso e dei debiti contratti fuori dal bilancio ufficiale.
E questa volta sarà difficile anche per Scopelliti e la sua allegra brigata tentare di buttare su chi li ha preceduti la responsabilità del dissesto finanziario. Basta, infatti, un dato per inchiodare la gestione Scopelliti alle sue gravi colpe: sotto la gestione Loiero la spesa non superava il 35% delle entrate correnti, all’ideatore del “modello Reggio” (questa volta senza l’alibi della povera Orsola Fallara) sono bastati due anni per far lievitare la spesa fino al 58% delle entrate correnti. E si badi bene che trattasi della situazione ferma all’esercizio 2012, oggi non sappiamo minimamente a che livello sia giunta la spesa fuori controllo, sappiamo però che lo stesso assessore al Bilancio candidamente ammette che anche l’ultima manovra rende disponibili le somme solo sulla carta ma nelle casse quei soldi non ci sono, a meno che non si ottenga l’autorizzazione a stracciare il patto di stabilità.
Esattamente il vecchio film drammaticamente vissuto a Reggio Calabria, dunque, con la differenza che questa volta le redini dal fuggiasco presidente Scopelliti non passano nelle mani di un Raffa (da vicesindaco fu lui a far emergere lo sfascio delle casse comunali) ma a quelle di una Antonella Stasi che non ha neppure la sensibilità di restare in aula quando i consiglieri dichiarano le loro preoccupazioni e il loro voto contrario a una manovra di bilancio eterea, fittizia e menzognera.
La vicepresidente imposta da Scopelliti, del resto, non ha nulla a che spartire con il consiglio regionale e con gli elettori calabresi, lei non è consigliere regionale e non è mai stata sottoposta al consenso dei calabresi. È lì, imposta dal potere scopellitiano. È lì, a rappresentare un mondo che non ha nulla a che fare con la politica. È lì, a testimoniare, altezzosamente, che le regole democratiche vengono aggirate dall’arroganza dei potentati.
Una fuga dalle proprie responsabilità che rende ancora più nitido il grido di allarme lanciato in aula dal “ribelle” Aurelio Chizzoniti. Lui vota contro la manovra di Bilancio e ne spiega le ragioni, prima fra tutte il rifiuto della Regione a recuperare una massa di danari (32 milioni di euro) che imprenditori cari al potere scopellitiano hanno portato a casa senza averne diritto.
E nel votare contro, Chizzoniti ristabilisce un primato che la politica troppo spesso dimostra di aver perso: chiede che la magistratura la smetta di stare a guardare.
Strano, di solito è l’esatto contrario. È la politica a starnazzare contro la cosiddetta «giustizia ad orologeria», in questo caso, invece, dallo scranno di palazzo Campanella Chizzoniti tuona: «Mi auguro che la Procura di Catanzaro si svegli e proceda al più presto». (0070)

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