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Cadavere ritrovato grazie a una pen drive, tre ergastoli

REGGIO CALABRIA Tre ergastoli. È una sentenza che non lascia spazio ad interpretazioni quella con cui la Corte d’assise di Reggio Calabria ha condannato al carcere a vita Domenico Ventura, Natale C…

Pubblicato il: 03/07/2014 – 14:18
Cadavere ritrovato grazie a una pen drive, tre ergastoli

REGGIO CALABRIA Tre ergastoli. È una sentenza che non lascia spazio ad interpretazioni quella con cui la Corte d’assise di Reggio Calabria ha condannato al carcere a vita Domenico Ventura, Natale Cuzzola e Domenico Condemi per l’omicidio Puntorieri, il quaratunenne scomparso nel settembre 2011, i cui resti saranno ritrovati alcune settimane dopo dai carabinieri anche grazie a una pen drive che una mano – tuttora anonima – ha fatto pervenire alla stazione dei carabinieri del rione Modena e si è rivelata preziosa per l’identificazione dei killer e la ricostruzione della dinamica dell’omicidio. Una serie di riprese immortalano infatti i momenti immediatamente precedenti e successivi all’omicidio di Puntorieri, ma soprattutto i particolari che consentono agli investigatori di riconoscere Ventura – oggi imputato – mentre chiacchiera in compagnia della vittima, armeggiando con un fucile a canne mozze. Ma per il pm Stefano Musolino, che ha coordinato le indagini e sostenuto l’accusa in dibattimento, non è un semplice esecutore. Ventura – svela in sede di requisitoria il sostituto procuratore della Dda – è anche una vittima del suo stesso clan, che lo avrebbe “venduto” agli investigatori dopo avergli commissionato l’omicidio. Un delitto prontamente eseguito. Per ordine del clan sarebbe stato proprio lui ad attirare Puntorieri in una zona isolata nei pressi del torrente Armo, con il preciso proposito di freddarlo, ma non avrebbe agito da solo. Quel giorno assieme a lui ci sarebbe stato anche Natale Cuzzola, condannato oggi all’ergastolo come esecutore del delitto, e incastrato con il presunto mandante, Domenico Condemi, grazie alle intercettazioni disposte nell’ambito dell’operazione “San Giorgio” eseguita dalla squadra mobile contro la cosca Borghetto-Zindato-Caridi. Riascoltando quelle bobine, gli investigatori sono riusciti infatti a dare un senso a quelle conversazioni che raccontavano come i tre avessero fatto anche un sopralluogo il giorno precedente l’omicidio, per controllare i luoghi e testare l’arma. Ventiquattro ore dopo quella chiacchierata registrata dalle cimici della Mobile, nello stesso posto avrebbero attirato Puntorieri, convinto di dover partecipare a un omicidio ma inconsapevole di esserne la vittima predestinata. Tuttavia, proprio l’identificazione – e in particolare quella di Domenico Condemi – è stata al centro della battaglia delle difese. Stando al perito di parte, Mariano Pitzianti, nessuna delle voci registrate sarebbe stata riconducibile a Condemi. Una tesi smentita però dalla superperizia disposta dalla Corte d’assise, che ha confermato i risultati dell’analisi tecnica disposta dalla Dda. Elementi emersi in fase di indagine e confermati nel corso di una lunga, dura, spesso accesa istruttoria dibattimentale e che oggi costano ai tre una condanna durissima. (0050)

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

 

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