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I fratelli Lo Giudice a confronto

Non si arrabbia, o lo fa poco, non apre parentesi che diventano divagazioni infinite. Sembra quasi un nuovo Nino Lo Giudice, quello chiamato oggi al processo Archi-Astrea a mettere a confronto le p…

Pubblicato il: 03/07/2014 – 18:18
I fratelli Lo Giudice a confronto

Non si arrabbia, o lo fa poco, non apre parentesi che diventano divagazioni infinite. Sembra quasi un nuovo Nino Lo Giudice, quello chiamato oggi al processo Archi-Astrea a mettere a confronto le proprie verità – affermate in pubblica udienza nel medesimo procedimento – con le secche smentite arrivate dai testi chiamati a riscontro delle sue dichiarazioni, il fratello Domenico Lo Giudice e Rosario Aricò.
Proprio dal fratello, Nino Lo Giudice ha dichiarato di essere stato contattato in seguito all’estorsione subita da Vincenzo Sarra, imprenditore che a metà degli anni 2000 si era aggiudicato i lavori di ristrutturazione degli hotel Lido e Lungomare. Da lui – stando a quanto riferito da Nino Lo Giudice – si sarebbe presentato Antonio Polimeni, detto ‘u Troiu, considerato elemento di peso del clan Tegano – pretendendo quell’appalto o una mazzetta. «Me lo ha riferito mio fratello e io ho contattato Domenico Condello, detto Gingomma o Mastino, perché sistemasse le cose. Condello mi ha detto di dire a mio fratello e a Sarra di stare tranquilli». Un passaggio logico per l’ex collaboratore, ma che il pm Giuseppe Lombardo gli chiede di spiegare. «Gingomma rappresentava Pasquale Condello, Domenico Condello (detto Micu ‘u Pacciu, braccio destro di Pasquale e numero due del clan)», dice il collaboratore di fatto certificando l’esistenza di quel direttorio di clan – formato dai Tegano, De Stefano, Condello, Libri – all’interno del quale, stando a quanto altri procedimenti e altre sentenze hanno affermato, si decidevano gli assetti criminali e le regole che ne scaturivano, ma soprattutto che lui di quegli assetti era a conoscenza.
Tutte affermazioni che il fratello Domenico Lo Giudice ha smentito, ribadendo: «Io non so niente e non gli ho mai detto niente». Una divergenza insanabile, ma che per l’ex collaboratore è semplice da spiegare: «Mio fratello non confermerà mai quello che dico, non può. Sa che altrimenti avrà vita dura in carcere e ha paura». E nella medesima paura, secondo Nino Lo Giudice, risiederebbe il motivo delle secche smentite arrivate da Rosario Aricò. Da lui, cognato di Carmelo Barbaro, considerato elemento di vertice della cosca Tegano, Nino Lo Giudice avrebbe saputo che i Tegano e Rechichi sarebbero stati all’interno di Multiservizi. Un’informazione che Aricò avrebbe ricevuto direttamente da Barbaro, di cui era cognato, e che avrebbe riferito a Nino Lo Giudice, con il quale – dice l’ex collaboratore – «dal 2007 i rapporti erano molto stretti. Controllate i miei cellulari, verificate quante chiamate ricevevo da Aricò». Una verifica che probabilmente la Procura non esiterà a fare. (0090)

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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