Su proposta del ministro per gli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, il Consiglio dei ministri ha impugnato la legge elettorale della Regione Calabria perché – è scritto nel comunicato del Cdm – «la legge della Regione Calabria n. 8 del 6/06/2014 recante “Modifiche e integrazioni alla legge regionale 7 febbraio 2005, n. 5 (Norme per l’elezione del presidente della giunta regionale e del consiglio regionale) contiene disposizioni in contrasto con gli articoli 3, 48, 51 e 117, terzo comma, della Costituzione». Quasi inevitabile la sonora bocciatura. Il dipartimento degli Affari regionali, infatti, aveva inviato al presidente del consiglio regionale Franco Talarico una missiva per segnalare tutte le criticità del testo, approvato a maggioranza, lo scorso 3 giugno e i correttivi da apportare. Senza risposte esaustive, cioè senza modifiche alla legge, l’impugnazione è stata automatica e deliberata questo pomeriggio.
All’ordine del giorno del Cdm era prevista anche la nomina del nuovo commissario ad acta per la sanità della Regione Calabria, ma la decisione è stata rinviata per divergenze tra i consiglieri sui nomi indicati dal ministro per la Salute, Beatrice Lorenzin.
Anche le modifiche allo statuto regionale non avevano convinto il governo. Ecco perché lo scorso 30 giugno il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge con cui è stata modificata la “magna charta” calabrese. I giudici della Consulta saranno chiamati a valutare la legittimità della norma grazie alla quale è stata reintrodotta la figura del “consigliere supplente” ovvero la possibilità che il consigliere regionale nominato assessore lasci lo scranno al primo dei non eletti della sua lista. Per Palazzo Chigi tale previsione contrasta con gli articoli 67 e 122 (primo comma) della Costituzione. (0050)
x
x