PALERMO «Mimmo Ganci non lo vedevo da qualche giorno. Quando lo rividi mi disse che era stato fuori perché aveva accompagnato Totò Riina in un luogo imprecisato della Calabria per partecipare ad una riunione a cui partecipavano anche generali, ministri, politici e esponenti delle istituzioni». Lo ha dichiarato il collaboratore di giustizia Antonino Galliano, rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo oggi al processo sulla Trattativa Stato-mafia. Il pentito ha collocato temporalmente questo episodio, che sostiene di aver appreso dal boss mafioso del rione Noce, suo parente, tra ottobre e novembre del 1991, a ridosso della decisione della Cassazione sul maxi processo di Palermo. «Riina – ha affermato Galliano – si faceva accompagnare in posti diversi da persone diverse perché non tutti dovevamo sapere dove andava». Il tema del summit in Calabria, secondo quanto Ganci avrebbe detto a Galliano, «era l’aggiustamento del maxi processo». Il pentito ha poi raccontato che dopo la sentenza della Cassazione sfavorevole per Cosa nostra sul maxi processo, «Mimmo Ganci abbandonò l’obiettivo di uccidere Vito Di Miceli e cominciò a pedinare l’onorevole Caloero Vizzini perché era stato deciso che si dovevano uccidere politici siciliani perché non avevano rispettato i patti». (0050)
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