REGGIO CALABRIA “Piccano ma non peccano”: è questa la parola d’ordine che i comitati Arcigay di Reggio Calabria, Cosenza e Catanzaro hanno scelto per presentare il primo Gay pride regionale calabrese. Un percorso, più che una manifestazione, che ha già mosso i primi passi nei primi giorni di luglio con diverse iniziative di autofinanziamento ma nei prossimi giorni è destinato ad entrare nel vivo con focus, dibattiti, mostre, incontri, tutti eventi prodromici alla tradizionale parata, in programma per il prossimo 19 luglio a Reggio Calabria. «È con orgoglio che oggi siamo qui a presentare il programma delle iniziative – esordisce Lucio Dattola, presidente del comitato reggino – che sono una risposta a chi definisce questi eventi una carnevalata o che sostiene che ci siano problemi più urgenti e più importanti da affrontare. Questo è un momento di libertà che interessa tutti quanti». E come tale devono averlo inteso le istituzioni che hanno dato il proprio patrocinio all’evento – il consiglio regionale, le Province di Reggio, Cosenza, Catanzaro e Crotone, ma anche le amministrazioni di singoli Comuni – forse anche per ricucire quello strappo con la comunità gay causato nei mesi scorsi da un’infelice uscita dell’allora governatore Giuseppe Scopelliti che, a proposito di candidati, nel corso di un’intervista si era lasciato scappare: «Noi non vogliamo uomini che sono innamorati di altri uomini. A noi piace l’idea di mettere in campo uomini che siano innamorati di donne, che amino il rapporto di coppia e che individuano nel rapporto di un matrimonio un uomo ed una donna». Dichiarazione poi più o meno smentita, depotenziata, ufficialmente derubricata a parole «lontane dal sentire» del governatore «e parte di un pensiero altro più articolato, assolutamente decontestualizzato» in un comunicato congiunto firmato all’epoca da Scopelliti insieme con i rappresentanti dell’Arcigay di Reggio, Cosenza e Catanzaro, del comitato per il Pride 2014 e del coordinamento 25 Novembre, che all’allora presidente della Regione Calabria avevano strappato una serie di impegni. In attesa di vedere se, in che modo e in che misura – come promesso all’epoca –, i rappresentanti della Regione parteciperanno al Pride, è rimasta lettera morta la promessa di sostenere finanziariamente l’iniziativa. «Oggi il silenzio e l’omertà sono istituzionali – dice Dattola – attendiamo risposte sul punto. Già da ora vogliamo però mettere in chiaro che il Pride non serve a riempire le casse di un singolo o di un’associazione, ma a costruire l’evento». E silenzio per adesso arriva anche dal ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, invitata ad uno dei focus in programma nei prossimi giorni, ma che «ancora non ha fatto sapere se potremo contare su di lei, a differenza del sottosegretario Roberto Reggi, che ci ha già comunicato di essere troppo impegnato per poter partecipare». Ma defezioni istituzionali a parte, è un programma denso, che ha potuto contare anche sul contributo di diverse associazioni che non si occupano precipuamente di tematiche Lgbt, ma hanno voluto essere parte dell’iniziativa, fra cui Libera, la collettiva AutonoMia, la Croce Rossa, la Lidu (Lega internazionale diritti dell’uomo). Omosessualità e fede, il coming out visto con gli occhi delle madri, ma anche il rapporto fra ‘ndrangheta e gay, come pure migrazioni e omosessualità: sono tanti i temi che gli attivisti si propongono di affrontare pubblicamente assieme a chi vorrà partecipare, prima della riunione tutta interna ai comitati arcigay del sud Italia prevista per il 18 e alla parata del 19 luglio. «Abbiamo scelto di fare il concentramento alla Villa Comunale, noto posto di battuage reggino, per poi proseguire lungo il corso, costeggiare il museo per indicare che abbracciamo le nostre radici culturali, quindi scendere in via Marina e concludere all’Arena dello Stretto». E proprio sulla parata, Lavinia Durantini, presidente dell’Arcigay, ha voluto sottolineare: «Bisogna ricordare che chiunque sarà al Pride, anche vestito di un boa di piume, anche uomini vestiti da donne o donne vestite da uomini, non si sta travestendo, ma sta svestendo gli abiti che la società impone. Scendiamo in piazza per i diritti di tutti, ma ognuno manifesta se stesso. Chiunque conosca il prezzo della libertà, non può definire il Pride inutile».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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