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CASO SCAJOLA | Tutti gli affari di Lady Matacena

REGGIO CALABRIA Una donna bella, circondata da uomini concupiscenti ma così legata al marito da aver tentato con ogni mezzo di salvarlo, nonostante le sue traversie giudiziarie abbiano trasformato …

Pubblicato il: 11/07/2014 – 10:54
CASO SCAJOLA | Tutti gli affari di Lady Matacena

REGGIO CALABRIA Una donna bella, circondata da uomini concupiscenti ma così legata al marito da aver tentato con ogni mezzo di salvarlo, nonostante le sue traversie giudiziarie abbiano trasformato la vita da sogno di regina delle feste di Montecarlo della consorte in un incubo lastricato di difficoltà, ostacoli e povertà. È il ritratto di una Cenerentola al contrario quello che i legali di Chiara Rizzo – gli avvocati Bonaventuta Candido e Carlo Biondi – hanno tentato di tratteggiare, da quando Lady Matacena si è lasciata stringere le manette ai polsi. Tuttavia, a pochi giorni dalla scarcerazione della donna – spedita ai domiciliari, dopo oltre due mesi di carcere – nuovi elementi depositati dai pm Giuseppe Lombardo e Francesco Curcio confermano che lungi dall’essere una bambolina, Chiara Rizzo ha avuto un ruolo – e non di poco conto – nella strategia con cui la rete tessuta attorno a sé dal marito, ha cercato di preservare la propria operatività criminale.

 

Il reale ruolo di Chiara Rizzo
Lady Matacena – ipotizzano gli inquirenti e confermano gli elementi emersi a seguito delle perquisizioni – non solo avrebbe “lavorato” per garantire al marito un comodo rifugio che ne preservasse l’operatività, ma sarebbe anche la reale dominus dell’operazione di intestazione fittizia che avrebbe permesso a Matacena di spostare la titolarità di diverse società, con sede nei più diversi paradisi fiscali. Un’operazione a orologeria, ricostruita in dettaglio dalla Procura, e che secondo i pm sarebbe stata scadenzata sulla base del complicato e lungo iter dei procedimenti a carico di Matacena. Un’ipotesi già emersa nelle prime fasi di indagine e confermata dalle successive acquisizioni, a partire da quelle scaturite dagli approfondimenti disposti sul materiale sequestrato a casa di Maria Grazia Fiordelisi, segretaria e custode dell’archivio riservato dei coniugi. Ed è proprio in quell’archivio che i segugi della Dia hanno rinvenuto un fitto carteggio fra Lady Matacena e l’avvocato Giovanni Battistini, conoscente di Cecilia Fanfani, insieme al fratello Giorgio indagata nell’inchiesta Breakfast. «Specificatamente – scrivono i segugi della Dia in una dettagliata informativa depositata agli atti dell’inchiesta Breakfast – emerge un inequivocabile interessamento da parte di Chiara Rizzo in un affare consistente nella realizzazione di centrali idroelettriche da realizzarsi in Italia ed in territorio estero (Albania)».

 

Salvare il salvabile
Un business di cui già nei primi interrogatori anche la segretaria di Lady Matacena, Maria Grazia Fiordelisi, aveva parlato, affermando con sicurezza: «La Rizzo ed il Matacena portavano avanti anche un progetto di centrali idroelettriche in Albania con l’Avv. Rossi, l’arch. Ettore Tarsitani, con il cugino di questi Gaetano Tarsitani e con Giulio Dall’Olio, che si occupava dei finanziamenti. Ricordo – riferisce la donna agli inquirenti – di aver effettuato una serie di bonifici di basso importo per pagare lo studio Talin o Talis che aveva sede in Albania e si occupava di predisporre i business plan». Un progetto che per i pm si inquadra nel tentativo di riavviare l’operatività del gruppo societario, anche diversificandola – non a caso negli stessi mesi, Amedeo Matacena avrà più di un incontro con Cesare Fera, patron dell’omonima impresa, grande mattatrice di appalti nel settore delle energie alternative e svilupperà i contatti con la Tecnofin dell’immobiliarista Dal Lago – e che corre parallelo allo svuotamento delle società del gruppo. Dopo un iter travagliato, i procedimenti a carico dell’ex parlamentare di Forza Italia sono vicini al giro di boa della sentenza, il rischio di un accertamento patrimoniale cresce e il gruppo Matacena sembra avere fretta di far sparire ogni traccia di sé, senza lasciarsi alle spalle troppe voragini.

 

Lady Matacena, fra centrali e cavalieri
A incaricarsi della faccenda è proprio la Rizzo, che quando il marito si allontana dall’Italia e dall’Europa prende personalmente in mano le redini degli affari, a partire da quel progetto di costruzione di centrali elettriche in Albania sviluppato in tandem con i Cavalieri di Malta, organizzazione registrata presso la contea di Nassau a New York, rappresentata in Italia da Franco Rossi, avvocato iscritto all’Ordine di Latina, Gran Cancelliere del Knights of Malta OSJ e amministratore delegato della “Osj Knights of Malta Foundation” società di diritto inglese emanata dall’Ordine. Ufficialmente, si tratta di una fondazione che si occupa di «interventi umanitari e iniziative caritatevoli» – si legge nello statuto – mirate principalmente «alla tutela dell’infanzia, alla lotta contro la fame, alla promozione di salute ed educazione», ma saranno loro a presentarsi dai Matacena, nell’occasione rappresentati dalla società Morning Breeze, offrendo sull’unghia un finanziamento da 50 milioni di dollari, che per il gruppo che all’epoca annaspa fra il contenzioso legale aperto con la Caronte e i mutui da restituire alla Marfin Egnatia Bank, la banca popolare di Cipro che ospita i conti correnti riferibili alle società liberiane orbitanti nella galassia societaria dei Matacena, è una vera e propria boccata d’ossigeno. Un’operazione su cui più di uno storico collaboratore dei coniugi – è emerso nelle scorse settimane – aveva espresso ragionevoli perplessità, ma che sarà l’avvocato Battistini a bocciare seccamente, paventando alla Rizzo ipotesi di natura penale e rifiutandosi di seguire legalmente la pratica.

 

Il carteggio con Battistini inguaia la Rizzo
A svelarlo a inquirenti e investigatori non sono semplicemente le missive rinvenute nell’archivio di Maria Grazia Fiordelisi, ma anche le numerosissime conversazioni intercettate della Rizzo, che permettono di ricostruire passo passo tutte le mosse della donna, così come svelano il ruolo che lo stesso ex ministro Scajola potrebbe aver avuto nell’affare. Un affare da cui – fin dal giugno 2013, quando presumibilmente viene contattato – Battistini mette in guardia la Rizzo. «Sarà anche necessario, come ti ho detto – si legge in una delle e-mail finite agli atti dell’inchiesta – definire la posizione dell’avv. Franco Rossi che propone finanziamenti tanto elevati quanto aleatori e che suscitano in me molte perplessità», scrive l’avvocato a Lady Matacena, che però sembra determinata a far andare in porto la transazione. Un affare che occuperà l’avvocato Battistini per tutta l’estate, ma che non riuscirà a convincerlo. È il due agosto, quando l’avvocato mette nero su bianco: «Ho visto la bozza di contratto dell’avv. Rossi. È troppo approssimativa. Le cose da fare sono: Individuare la società operativa di tua proprietà. Far firmare qualunque contratto solo dalla società senza tuo intervento a nessun titolo (omissis) Capire soprattutto come mai ci sia la disponibilità a affidare per una cifra così consistente una società priva di capitale». Nonostante i vistosi omissis, la missiva è chiara. Il legale mette subito in guardia la Rizzo dall’operare in maniera ambigua celandosi dietro una delle tante società della galassia Matacena, ma soprattutto continua a sottolineare la poca trasparenza dell’operazione. Tutte indicazioni che per gli inquirenti non saranno che una conferma del ruolo di Lady Matacena, ma anche dell’infinita rete di interessi e affari in cui le innumerevoli società riconducibili al gruppo erano invischiate. Affari che tocca alla Rizzo gestire, mentre il marito, rincorso da provvedimenti cautelari, si dà alla fuga, creando non pochi problemi. Anche i soci albanesi – dedurranno gli investigatori analizzando mail e conversazioni – inizieranno a storcere il naso di fronte a quel socio dagli ingombranti problemi giudiziari. Tuttavia, per tutto l’autunno del 2013, le trattative vanno avanti.

 

«Questa è una soluzione fittizia»
Battistini più volte incontra la Rizzo e, su suo input,
anche gli altri professionisti coinvolti nell’affare, come l’architetto Ettore Tarsitani, il cugino Giovanni Tarsitani – da tempo residente a Tirana e presumibilmente curatore dell’affare in Albania – e il misterioso avvocato Rossi, munifico Gran cancelliere dei Cavalieri di Malta. Incontri e contatti che non dissiperanno i dubbi dell’avvocato Battistini, che all’esito di quella riunione alla Rizzo scrive: «Sono emerse varie difficoltà sia mosse dai soci albanesi sia legate al finanziamento, a causa della situazione in cui si trova tuo marito che impedisce che l’operazione possa essere fatta. Del resto è impossibile, e non te lo consiglio, ricorrere a sotterfugi e intestazioni fiduciarie che costituiscono una soluzione fittizia e potrebbero, anzi, rilevarsi pericolose sotto il profilo penale». E proprio sul punto l’avvocato a Lady Matacena scrive: «C’è comunque una questione più rilevante che vorrei sottomettere al prof. Coppi di Roma e riguarda il fatto che la tua attività imprenditoriale, qualora tu decidessi di intraprenderla, inserendosi su iniziative avviate da tuo marito, non concretizzi il reato di cui all’art. 12 quinquies legge 7 agosto 1992 n. 356 e successive modifiche. Questo articolo infatti tende a colpire chi sostanzialmente si ponga come prestanome di persona coinvolta in reati come quello per cui tuo marito è stato condannato in via definitiva». Per gli inquirenti, si tratta dell’ennesima prova della piena consapevolezza della Rizzo.

 

A chi interessano le centrali?
Lungi dall’essere una bionda sprovveduta, Lady Matacena sapeva perfettamente di correre sul filo della legalità con quelle operazioni, ma con abilità ha manovrato a piacimento i professionisti di cui si è circondata. E così mentre blandisce l’avvocato Battistini, la Rizzo da ordini a Tarsitani, enumera con certezza a Victoria Berne – analista dello studio legale e commerciale lussemburghese Sg group che si occupa dell’amministrazione della Seafuture, un’altra delle società della galassia Matacena – le movimentazioni di quote e i passaggi societari da fare con i 50 milioni in arrivo, ma trova anche il tempo per informare ripetutamente tanto l’ex ministro Scajola, come Cecilia Fanfani sull’andamento dell’affare. O meglio degli affari. In ballo infatti – hanno scoperto gli investigatori – ci sarebbe stata anche una seconda centrale idroelettrica – identificata dai soggetti coinvolti nell’affare come «quella piccola» – che coinvolgerebbe anche un altro professionista, l’architetto Guido Dall’Olio, i cui contatti – dice Battistini a Lady Matacena – gli sono stati forniti dall’avvocato Carlo Biondi, attualmente nel collegio difensivo della donna. «Giovanni Battistini – annota infatti la Dia sintetizzando una conversazione del 23 ottobre 2013 – comunica a Chiara che incontrerà “lui” a Roma (ndr. arch. Dall’Oglio Giulio) ed i contatti con questa persona gli sono stati dati da Biondi (ndr. avv. Carlo Biondi). Giovanni continua dicendole che ha visto quello di Parma e di aver parlato con un grosso gruppo che sembrerebbe interessato all’affare. Chiara evidenzia che lei sarebbe interessata alla centrale piccola e potrebbe farlo in società con altre persone se sono brave e la cosa è conveniente». Cosa intenda la Rizzo con «brave» non è dato sapere, tanto meno cosa succeda dalla fine di ottobre agli ultimi giorni di novembre. Qualcosa però deve aver convinto l’avvocato Battistini a prendere precipitosamente le distanze da lady Matacena e dal suo variegato entourage, con una missiva durissima che mette a nudo tutti gli aspetti ambigui delle operazioni prospettate e oggi va ad ingrossare il faldone delle pesanti prove a carico della donna.

 

La fuga di Battistini
In una mail datata 20 novembre 2013, il legale afferma infatti: «La centrale più grande, quella seguita, per il finanziamento, dall’avv. Rossi di Roma. I soci albanesi – a detta dell’arch. Tarsitani – sembrano poco propensi, oggi come oggi, a stringere accordi, data la situazione giudiziaria di tuo marito. Purtroppo questo è un problema che condiziona ogni aspetto delle attività economiche che tu intraprenda o intenda continuare. In particolare, il finanziamento di questa Centrale diventa problematico perché, anche se venisse stipulato il contratto, l’erogazione sarebbe resa impossibile. Per regole internazionali, infatti, la banca dovrà accertare, immediatamente prima il versamento, se il beneficiario non abbia collegamenti con persone implicate in reati quali quelli per cui tuo marito è stato condannato». La condanna di Matacena per mafia diventa un ostacolo insormontabile per le leggi internazionali sul finanziamento. E a nulla – specifica in modo chiaro il legale – servirebbe «creare paraventi fiduciari dietro i quali celarti, non solo perché non tengono, visto che è il beneficial owner reale che la banca deve identificare – e ne ha tutti i mezzi – come effettivo titolare, ma soprattutto perché getterebbero cattiva luce su di te, con implicazioni potenzialmente pericolose». Implicazioni che probabilmente l’avvocato specifica, ma che la Dda ha scelto – allo stato – di celare con un vistoso omissis. Agli atti rimane però un passaggio estremamente significativo della mail che riguarda la catena di società estere e italiane riconducibili al gruppo Matacena e che lo stesso legale non esita a definire «spropositato rispetto all’attività dell’unica società Amadeus spa, che ha una certa consistenza, seppur con un peso debitorio difficilmente sostenibile». Anche qui la censura imposta dagli inquirenti non permette di conoscere ulteriori dettagli, ma di certo qualcosa di losco deve aver fiutato l’avvocato Battistini se è vero che alla Rizzo comunica che «non posso che dirti che non sono in grado di accettare l’incarico di assistenza generale, salvo, eventualmente, per i rapporti di Amadeus con Marfin Bank, sempre che il rag. Chillemi me lo conferisca e sempre che sia risolto quanto sopra ti ho scritto». Ci tiene a tirarsi fuori il legale e a specificare che in un futuro potrà intervenire solo su delega formale. Tuttavia, in chiusura, lascia un ultimo avvertimento alla Rizzo, che per gli investigatori potrebbe essere un ulteriore elemento di conferma del pesantissimo carico accusatorio a carico della donna: «Per parte tua, devi assolutamente evitare di agire come prestanome di tuo marito e, anzi accertare la tua effettiva titolarità delle azioni e dell’origine della loro intestazione a te – delle società di cui appari socia».

 

Professionisti nei guai?
Un’ipotesi oggi divenuta uno dei capi di imputazione che lady Matacena deve affrontare, ma che all’epoca ha solo spinto la Rizzo a bussare alla porta dell’ex ministo Scajola, con cui – scrive la Dia, riassumendo la conversazione del 25 novembre 2013 «Chiara si sfoga (..) e gli dice di aver ricevuto una brutta lettera dall’avvocato di Milano che le avrebbe scritto che non si occuperà più di lei (Chiara specifica che è quello di su e non di giù, perché quello di giù è loro), spiegandogli punto per punto le motivazioni». A che titolo Scajola abbia ricevuto tutti questi dettagli non è dato sapere, tanto meno se fosse in qualche misura coinvolto nell’affare. Ma è proprio per verificare questo sospetto – dicono fonti vicine alle indagini – che la Dia ha ufficialmente chiesto ai pm di interrogare direttamente i professionisti coinvolti nell’affare, dal gran cancelliere Rossi, all’architetto Tarsitani, fino all’avvocato Battistini. Ma i tre potrebbero non essere gli unici chiamati a riferire sulle manovre imprenditoriali della Rizzo in Albania.

 

I rapporti della Rizzo con Alberto Acierno
A interessarsi all’affare – rivelano le intercettazioni disposte a carico della Rizzo – è anche Alberto Acierno, ex deputato di Forza Italia, nonché inquilino del consiglio regionale siciliano, il cui nome era già emerso nell’ambito dell’indagine Breakfast. Sarà lui infatti a mettere in contatto il patron dell’impresa di cui è consule
nte dalle ampie e non specificate deleghe, la Fera srl, con Amedeo Matacena, e tramite quest’ultimo – si ipotizza – con l’ex ministro dello Sviluppo economico Scajola. E curiosamente, sarà proprio la Fera a ricevere un sontuoso finanziamento di 5,9 milioni proprio da quel ministero. Ma con Acierno, la Rizzo non discute di questo. «Chiara – si legge nell’informativa della Dia – dice ad Alberto che si fida di lui e per questo dice che faranno squadra e Alberto risponde che è disponibilissimo alla cosa. Chiara, dopo aver ricevuto tale risposta, chiede ad Alberto come vede il discorso dell’Albania e Alberto risponde che, per le carte che lui ha ricevuto, sembra perfetto però le carte sono carte e la realtà può essere diversa e per questo lui ha sempre detto ad Amedeo che lui ha uno staff tecnico formato da ingegneri bravissimi e lei dice che comunque si sta appoggiando per la cosa ad un avvocato bravissimo. Alberto ribadisce che per la sentenza positiva della Cassazione nei suoi confronti lui può andare dovunque vuole senza pensieri e preoccupazioni». Condannato a sei anni e mezzo per peculato, Acierno quando viene assolto dalla Cassazione si sente intoccabile. Si mette a disposizione della Rizzo, con cui quasi quotidianamente parla al telefono per avere aggiornamenti sulla situazione del marito e alla quale si premura di inviare quelli che nelle conversazioni vengono definiti «cannoli» e che adesso ad inquirenti e investigatori toccherà individuare e identificare. Di certo però, Acierno si rivela una pedina importante nel network dei Matacena. Così importante che quando la Rizzo raggiunge il marito a Dubai – rivelano le conversazioni – è proprio ad Acierno che si preoccupano di telefonare. E non in una sola occasione. Una sollecitudine che adesso gli inquirenti pretendono di approfondire. (0020)

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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