Il centrodestra calabrese va dritto per la sua strada. Si è votato una legge elettorale e con quella vuole andare a votare, malgrado l’impugnativa del Governo e alla faccia di quanto vorrebbero rivederla prima di novembre, quando si andrà a votare per rinnovare il consiglio regionale. Il conflitto istituzionale fra Roma e la Calabria si arricchisce oggi di una nota che alza il livello della tensione e lancia un guanto di sfida all’opposizione. La firmano tutti i capigruppo: Giuseppe Morrone (Forza Italia), Gianpaolo Chiappetta (Ncd), Giulio Serra (Insieme per la Calabria), Alfonso Grillo (Scopelliti presidente) e Ottavio Bruni (Udc).
«E’ facile comprendere – inizia il documento – come l’approssimarsi delle elezioni regionali spinga molti ad avventurarsi in considerazioni che – pur muovendo da un presupposto giusto, condivisibile, evidente ed incontestabile – e che cioè il consiglio regionale ha esaurito i suo ruolo con la presa d’atto delle dimissioni del Presidente della Giunta – poi tracimano in valutazioni evidentemente strumentali, illogiche, forzatamente polemiche ed unicamente orientate a sollevare inutili polveroni polemici ad uso di parte».
Per i capigruppo del centrodestra due sono le principali questioni sul tappeto: la legittimità del Consiglio all’ordine del giorno per venerdì e, soprattutto, la spinosissima questione della legge elettorale. Approvata fra mille polemiche e subito impugnata a Roma.
«La riunione convocata per venerdì 18 luglio – assicurano i capigruppo – dovrà infatti occuparsi di atti la cui mancata approvazione è potenzialmente pregiudizievole per la Regione e per i cittadini calabresi; si tratta di una seduta con motivazioni e contenuti che corrispondono perfettamente allo spirito della legge che ci consente – in prorogatio sino all’insediamento del nuovo Consiglio – di deliberare su temi indifferibili ed urgenti. Nello specifico la seduta del 18 riguarda tutta la partita dei fondi comunitari, non si tratta né di capricci, né di bazzecole ma di un argomento cruciale per il presente ed il futuro dello sviluppo regionale e peraltro c’è anche una scadenza precisa, quella del 22 luglio, entro la quale la Calabria dovrà trasmettere a Bruxelles le determinazioni adottate».
La maggioranza procede quindi sulla rotta tracciata da Franco Talarico: i lavori proseguiranno fino all’autunno, con una interpretazione che allarga il perimetro dei provvedimenti attuabili tanto da poter sostenere: «Insomma, siamo in presenza di un dovere imposto dalla legge e di un diritto legalmente esercitato; nella stessa seduta potrebbe esserci spazio per altre decisioni ma solo ed unicamente per quelle che abbiano il crisma della necessità e dell’urgenza e per le quali in ogni caso è già concluso l’iter previsto dalla legge e dal regolamento del Consiglio. Gli interventi che in questi giorni – forzando le considerazioni in chiave elettorale – evidenziano l’irritualità o peggio ancora l’illegittimità di queste sedute del Consiglio sono interventi solo strumentali tesi alla conquista di una visibilità magari immediata ma del tutto priva di logica e contenuti».
Ma è la questione della legge elettorale quella centrale nel dibattito fra i protagonisti della scena politica calabrese. E i capigruppo di centrodestra difendono con convinzione il «provvedimento rispetto al quale il Governo nell’ambito delle sue prerogative ha proposto impugnativa; abbiamo adottato uno strumento legislativo – sostengono – che consente di tradurre il consenso elettorale in rappresentanza adeguando al contempo lo Statuto Regionale alle modifiche imposte da scelte legislative nazionali».
Il centrodestra ha una teoria precisa: con questa legge si può votare malgrado Roma: «Sarà un organo terzo ed inappellabile – spiegano – a dichiarare costituzionale o meno la legge ma, e veniamo al merito delle considerazioni che più d’uno tra i consiglieri regionali d’opposizione hanno sviluppato, ciò non vuol dire affatto che vi siano elementi pregiudizievoli tanto per lo svolgimento delle elezioni quanto per la legittimità del futuro consiglio regionale; vorremmo ricordare – all’indirizzo dei novelli e nostrani costituzionalisti dell’opposizione ed anche ai militanti di quel Movimento ormai noto per aver partorito la proposta di legge elettorale più astrusa della storia repubblicana – che la composizione dell’attuale Parlamento, quello per intenderci che legifera da anni ed ha riconosciuto la fiducia a due governi legittimamente in carica, è la conseguenza di una legge elettorale già dichiarata incostituzionale dalla Suprema Corte».
«E’ l’incostituzionale Porcellum – ricordano ironicamente i capigruppo di maggioranza – che ha assegnato a qualcuno il ruolo ed i poteri per impugnare la legge elettorale calabrese, non si capisce – francamente – sulla base di quale motivazione ciò che vale a Roma non dovrebbe, eventualmente, valere in Calabria; vedremo il giudizio della Corte ma – in ogni caso – le elezioni possono regolarmente tenersi nel mese di novembre ed il futuro Consiglio – la cui composizione è affidata ai meccanismi della legge elettorale che abbiamo approvato – sarà pienamente legittimato anche nell’ipotesi di una dichiarazione di incostituzionalità della legge medesima. Dire il contrario magari fa polemica e suscita visibilità ma ciò non toglie che sia una sciocchezza che rispediamo al mittente».
f.gr.
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