REGGIO CALABRIA Umberto Bellocco voleva riconquistare la leadership che la sua cosca aveva rischiato di perdere a causa degli arresti. Voleva ridare un senso a quel tatuaggio che lo ha reso famoso e che non ha rinunciato a mostrare: un asso di bastoni impresso sulla fronte, come dire che il suo ruolo era “capobastone”, cioè indiscusso leader. Con il segno del comando impresso sulla pelle, il capo aveva cercato di tornare in pista, contando «su un vecchio rapporto di complicità con il boss di Rizziconi, Teodoro Crea – ha spiegato il procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho –. Una figura di riconosciuto carisma criminale ancora in condizioni di potere e sapere aggregare anche le giovani leve della criminalità organizzata rosarnese. Bellocco – ha proseguito il magistrato – si muoveva armato, tranne che nel tragitto che da casa lo portava alla caserma dei carabinieri di Rosarno per i controlli quotidiani. E non aveva neppure nascosto la preoccupazione di un agguato ai suoi fedelissimi, temendo, appunto, di essere aggredito durante uno dei quotidiani controlli. Il provvedimento di fermo, richiesto al gip, è anche motivato come misura di prevenzione poiché i Bellocco, con la scarcerazione del loro boss, avevano avviato una febbrile attività per reperire armi di particolare potenzialità offensiva». (0020)
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