REGGIO CALABRIA Dovrà scontare dieci anni di carcere Pasquale Pitasi, il trentenne considerato elemento di vertice del clan Serraino, imputato per associazione di stampo mafioso nel procedimento stralcio Epilogo. È quanto ha deciso al termine di una breve camera di consiglio, il gup Carlo Alberto Indellicati, che ha accolto l’impostazione accusatoria del pm Giuseppe Lombardo – già confermata dalle sentenze emesse tanto in ordinario come in abbreviato – condannando il trentenne, difeso dall’avvocato Giuseppe Nardo, a una lunga pena detentiva.
Sfuggito all’arresto in occasione dell’esecuzione dell’operazione Epilogo, dopo qualche mese di latitanza si è presentato al carcere di Palmi, accompagnato dal suo legale per costituirsi, ma l’iter del procedimento a suo carico non ha seguito quello dei coimputati che come lui avevano scelto l’abbreviato. Affetto da problemi di salute, la sua posizione è stata stralciata e solo oggi è stata definita di fronte al gup con una dura condanna.
Una sentenza che non fa che confermare quanto tanto la sentenza del primo grado del procedimento con rito ordinario, come il primo e il secondo grado dell’abbreviato hanno affermato: alla sbarra al processo “Epilogo” non ci sono né ci sono mai stati ragazzi cresciuti in un ambiente disagiato, ma le giovani leve di un clan che, dopo gli arresti e la morte del capo storico don Mico Serraino, è stato in grado di rigenerarsi attraverso gli attuali imputati. È questo il cosiddetto “banco nuovo” del clan Serraino che – dimostrando continuità criminale – ha continuato a sfornare nuovi eredi che si pongono in assoluta linea di continuità con la strada perseguita da nonni, zii, padri.
Figure da inquadrare in un contesto criminale complesso, dove convivono una «’ndrangheta di apparenza e una ‘ndrangheta di sostanza», una ‘ndrangheta visibile e una invisibile – come dimostrato dalla sentenza del procedimento “Bellu lavuru” – che non solo differiscono in peso e ruolo ma anche in comportamenti. «La ‘ndrangheta fatta da elementi di vertice, a volte anche invisibili, quando ha bisogno di manifestare sul territorio la propria presenza – ha più volte spiegato il pm Lombardo – si avvale di elementi criminali stabili di cui ha bisogno per realizzare i propri obiettivi».
È in questo quadro che a vario titolo si inseriscono gli odierni imputati del processo “Epilogo”, che alla sbarra vede tanto semplici affiliati, come coloro che sono chiamati in un futuro criminale prossimo a svolgere un ruolo rilevante. O che lo sarebbero stati se pesantissime condanne non fossero intervenute a fermarli.
a. c.
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