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Talarico contro tutti

REGGIO CALABRIA Non ha la stessa vis polemica di Scopelliti, non possiede la stessa aggressiva dialettica né la sua allusività “intimidatoria”. Franco Talarico in fondo è un democristiano, ma attac…

Pubblicato il: 18/07/2014 – 12:03
Talarico contro tutti

REGGIO CALABRIA Non ha la stessa vis polemica di Scopelliti, non possiede la stessa aggressiva dialettica né la sua allusività “intimidatoria”. Franco Talarico in fondo è un democristiano, ma attacca, attacca forte anche lui. Nel suo eloquio felpato, quasi mellifluo, il presidente del consiglio regionale infila qua e là recriminazioni e lamentele, sottolinea l’«accanimento del governo» nei confronti di questa regione e delle sue istituzioni, recita la parte della vittima sacrificale oggetto di continue «denigrazioni» della stampa locale, che con la sua virulenza avrebbe influenzato anche i media nazionali. «Colossi» come Sky Tg24, come il Corriere della Sera.
Franco il doroteo non ha digerito per niente l’articolo che pochi giorni fa Gian Antonio Stella ha dedicato al “caso Calabria”. Ingiustificate le critiche al cosiddetto “Porcellissimum”, non motivate le presunte anomalie di una regione che non ha più un governatore dal 29 aprile scorso ma, a differenza di altre realtà come Abruzzo, Emilia e Piemonte, non sa ancora di preciso quanto si tornerà davvero alle urne.
Il capo di Palazzo Campanella non ammette neanche un errore, difende invece a spada tratta l’operato della sua assemblea, sciolta di fatto il 3 giugno scorso ma che ancora continua a riunirsi per dare seguito ad atti «indifferibili e urgenti». È tutto in regola, nessun vulnus, nessuna eccezionalità. Soprattutto, nessun «accanimento terapeutico» da parte di consiglieri regionali che proprio non vogliono saperne di mollare la poltrona.
L’incontro di questa mattina, per Talarico, è un’occasione utile a «dipanare i dubbi», anche alla luce di «ricostruzioni» fantasiose, opera di «tanti costituzionalisti inventati». Il presidente non può però sorvolare sui recenti interventi del governo, che ha impugnato davanti alla Consulta sia la legge elettorale, sia lo Statuto del Consiglio. «Abbiamo deciso di incaricare l’avvocatura regionale per far valere le nostre ragioni di fronte alla Corte costituzionale, ma non c’è alcun rischio per le elezioni».
Talarico difende la riforma della “Magna charta” regionale e la figura del “consigliere supplente” (che sostituisce il membro dell’assemblea chiamato a fare l’assessore con il primo dei non eletti della stessa lista), introdotta dalla riforma. È nient’altro che una questione di «agibilità democratica»: se il prossimo governatore dovesse nominare 6 consiglieri eletti in giunta, «le commissioni non potrebbero funzionare». Nel 2009, continua, «la figura del “consigliere supplente” non era stata impugnata, perché adesso sì?». Ed è un’allusione chiara al presunto accanimento del governo Renzi e magari anche del ministro per gli Affari regionali, la calabrese del Pd Maria Carmela Lanzetta.
La legge elettorale? Solo ieri da Roma sono arrivati i rilievi dell’esecutivo: niente ostacoli per voto congiunto, passa anche la norma che prevede la convocazione delle elezioni regionali da parte del presidente della giunta. Questo significa, spiega Talarico, «che le elezioni si svolgeranno a novembre, senza dubbi». Ok anche ai tre collegi elettorali (Nord, Centro, Sud), ma resta il nodo dello sbarramento al 15%, impugnato dal governo. «Lo abbiamo messo in maniera convinta: l’Italicum lo fissa al 12%. Con questa soglia abbiamo cercato di convincere i partiti ad aggregarsi per evitare che singole liste possano, più che far vincere, far perdere le elezioni. È una scelta ben ponderata, anche alla luce dei dati delle europee, dove tutte le coalizioni sono ben oltre il 15%».
Talarico diventa più conciliante quando affronta la proposta del Pd di abbassare la percentuale fino all’8%: «Nulla osta, nella prossima conferenza dei capigruppo discuteremo di questi rilievi per studiare il percorso che potrebbe anche riportarci in aula per modificare i punti eccepiti dal governo».
Poi, il vecchio cavallo di battaglia sulla permanenza dei membri dell’assemblea anche dopo lo scioglimento. Se i consiglieri si dimettessero ci sarebbe il “tutti a casa”? «È un altro argomento che non esiste. Le norme sono diverse rispetto a quelle dei Comuni. Nelle Regioni i consiglieri rimangono in carica fino alla proclamazione dei nuovi eletti. Se si dimettono non si scioglie il Consiglio, rimangono sempre in proroga. Anche l’Ufficio di presidenza rimane fino all’insediamento del nuovo». Accanimento, illazioni, fors’anche complotti, della stampa e di chi comanda a Roma. «Non mi hanno dato nemmeno il tempo di convocare un consiglio regionale per prendere atto dei rilievi sulla legge elettorale. Col governo mi piacerebbe avere un rapporto istituzionale franco: se mi fanno dei rilievi devo avere almeno il tempo per correggere le norme. La stessa solerzia non la vedo nella nomina del commissario alla Sanità, un settore completamente bloccato».
Il consiglio regionale, a parere del suo presidente, aveva due alternative: o dare via libera agli atti urgenti o non fare nulla. «C’è un piano rifiuti da approvare con urgenza, altrimenti si blocca la Calabria, più altre decine di leggi che sono lì ad attendere l’approvazione». Lasciateci lavorare, sembra dire il politico dell’Udc: «Siamo attaccati quotidianamente dall’informazione. In Emilia, con Errani che non ha presentato le dimissioni, non ci sarà questo accanimento. Negli ultimi mesi si è andati oltre il confronto, e alcuni lo hanno fatto anche in malafede. Nessuno fa melina, nessuno studia “trappole” per non votare a novembre». Qui operano invece rappresentanti con un forte senso delle istituzioni. Sono gli stessi che, dopo il Consiglio di lunedì prossimo dedicato ai fondi comunitari, potrebbero tornare in aula ad agosto, per affrontare un “assestamento bis” che tenga conto dei circa 43 milioni di euro di premialità in campo sanitario. «Abbiamo perso due mesi perché ancora manca il commissario. Stiamo aspettiamo le decisioni del governo». Qui siamo nel giusto, comunque vada. E poco importa che il “caso Calabria” abbia avuto un’eco anche al di là dei confini nazionali. Noi stiamo al nostro posto. E abbiamo ragione.

Pietro Bellantoni

p.bellantoni@corrierecal.it

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