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Operazione Sant'Anna, altri 16 arresti

REGGIO CALABRIA Si allarga ad altre 16 persone, ritenute contigue o affiliate ai clan Pesce e Bellocco di Rosarno, il raggio dell’operazione Sant’Anna, eseguita il 16 luglio scorso dal Ros dei…

Pubblicato il: 07/08/2014 – 9:52
Operazione Sant'Anna, altri 16 arresti

REGGIO CALABRIA Si allarga ad altre 16 persone, ritenute contigue o affiliate ai clan Pesce e Bellocco di Rosarno, il raggio dell’operazione Sant’Anna, eseguita il 16 luglio scorso dal Ros dei carabinieri. Il gip di Reggio non solo ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei 7 fermati all’epoca – incluso il patriarca Umberto Bellocco – per ordine della Direzione distrettuale antimafia e con il successivo visto buono del gip di Palmi, ma anche di altri 16, fra presunti contigui e associati ai due potenti clan di Rosarno. Per tutti loro, a vario titolo ritenuti responsabili delle ipotesi di reato di associazione di tipo mafioso, porto e detenzione illegale di armi e munizioni, favoreggiamento personale e intestazione fittizia di beni, fattispecie, quest’ultime tre, aggravate dalle finalità mafiose, i pm Alessandra Cerreti e Giovanni Musarò hanno chiesto e ottenuto una misura cautelare, eseguita nel corso della notte dal Ros di Reggio. Oltre ai sette precedentemente fermati, Umberto Bellocco, Salvatore Barone, Giuseppe Ciraolo, Michele Forte, Elvira Messina, Giuseppe Spataro, Francesco Oliveri e Umberto Emanuele Oliveri, i destinatari della nuova ordinanza sono Giuseppe Bellocco, Domenico Bellocco, Antonella Bartolo, Rossana Bartolo, Domenico Bartolo, Antonella Bruzzese, Domenico Corrao, Giuseppe Comandè, Francesca Spagnolo, Bruno Spagnolo, Mercurio Cimato, Fabio Cimato, Massimo Paladino, Biagio Sergio, Salvatore Zangari e Giorgio Antonio Seminara.
In particolare, il gip ha disposto una misura cautelare per associazione mafiosa per due Bellocco, 27enni, Giuseppe – figlio del boss Gregorio, già condannato in via definitiva all’ergastolo – e Domenico, figlio del boss Michele, condannato in primo grado a 17 anni di carcere. Inchiodato dalle dichiarazioni della collaboratrice Giuseppina Pesce, in manette per associazione mafiosa è finito anche Giuseppe Spataro, zio del presunto reggente Ciccio Pesce “u Testuni”, già fermato il 16 luglio scorso ma scarcerato dal gip di Palmi per ritenuta carenza del quadro indiziario.
Sul capo degli altri tredici soggetti arrestati stanotte per ordine del gip, pende invece l’accusa di favoreggiamento personale aggravato dall’art. 7 della legge 203 del ’91, perché accusati di aver agevolato la latitanza del 34enne Giuseppe Pesce. L’operazione è l’esito di due distinte attività investigative, scaturite da una parte dagli approfondimenti sviluppati per rintracciare l’ormai ex latitante Giuseppe Pesce, reggente dell’omonimo clan dall’arresto del fratello Francesco, costituitosi nel maggio del 2013, dopo l’arresto della moglie Ilenia Bellocco e del suo braccio destro, Domenico Sibio, e dall’altra per verificare gli assetti criminali nella Piana di Gioia Tauro all’indomani della scarcerazione del boss Umberto Bellocco, storico patriarca dell’omonimo clan. E dopo oltre vent’anni di detenzione, l’anziano boss non avrebbe perso tempo. Appena tornato nella “sua” Rosarno, grazie anche alla collaborazione dei familiari e sodali – oggi colpiti da misura cautelare– si sarebbe dato da fare per riaffermare la propria leadership, anche attraverso il ripristino di preesistenti relazioni con gli esponenti apicali di altre compagini mafiose e la riorganizzazione delle attività illecite della cosca sul territorio rosarnese. Allo scopo, il boss Bellocco e gli altri affiliati si sarebbero anche attivati per reperire armi necessarie a riaffermare il proprio prestigio criminale e la propria capacità di controllare il territorio. Acquisti finanziati anche grazie ai proventi del traffico di sostanze stupefacenti, che in larga parte sarebbe stato gestito da Umberto Emanuele Oliveri, nipote dell’anziano boss, secondo gli inquirenti indicato dallo zio quale reggente degli interessi della potente cosca di ‘ndrangheta nei traffici illeciti all’interno del porto di Gioia Tauro.

 

Alessia Candito

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