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Politica con le mani bucate

I 209mila euro spesi dal gruppo consiliare dell’Udc per il personale se ne sono andati in contratti per lo «svolgimento di attività amministrativa, ricerca documentale, indagini conoscitive e stati…

Pubblicato il: 11/08/2014 – 13:33
Politica con le mani bucate

I 209mila euro spesi dal gruppo consiliare dell’Udc per il personale se ne sono andati in contratti per lo «svolgimento di attività amministrativa, ricerca documentale, indagini conoscitive e statistiche, rientranti nell’ambito di un programma politico previsto dal committente». Il conte Mascetti di “Amici miei” avrebbe forse ribadito ai magistrati della Corte dei conti la celebre battuta: «Senti, Necchi, tu non ti devi permettere di intervenire quando io faccio la supercazzola». Quelli, invece, si sono messi a spulciare tra le pezze giustificative del consiglio regionale. E hanno tirato fuori una formula più educata e formale, ma ugualmente accusante nei confronti della politica: l’«oggetto del contratto si risolve in una mera clausola di stile». Nessuno dice che i 15 collaboratori dei centristi non abbiano lavorato, ma quel «programma politico previsto dal committente» sembra una «motivazione solo apparente», priva di contenuto. I giudici contabili si chiedono come sia possibile giustificare in maniera così generica la spesa di denaro pubblico e in che modo si possa rincondurre l’esborso di quel denaro «alle funzioni istituzionali del gruppo interessato». Mario Monicelli non avrebbe avuto dubbi: supercazzola. E chissà cosa avrebbe detto se avesse letto che un consulente dello stesso gruppo «presterà la sua attività professionale nell’interesse del committente con autonomia all’interno dei programmi che verranno concordati con il committente e con il solo obbligo di relazionare, di volta in volta, circa le prestazioni effettuate e i risultati ottenuti». La perifrasi sfugge a ogni interpretazione, però costa ai contribuenti migliaia di euro al mese.
L’Udc non è sola: le schede allegate alla comunicazione con la quale la Corte dei conti chiede a Palazzo Campanella di motivare le spese sono piene di «programmi politici previsti dal committente» e di consulenti i cui stipendi e compiti andranno motivati. Certo, non ci si è limitati a quelli. Il gruppo consiliare “Scopelliti presidente”, per esempio, ha speso 3.900 euro per “Sirene e Naviganti”, manifestazione musicale che si è svolta a Bovalino, per la quale «non risulta ravvisabile un collegamento con i fini istituzionali». E poi ci sono quei 1.800 euro «per la realizzazione di una commedia brillante in due atti»: è andata in scena a Gerocarne il 27 agosto 2012, «in occasione del convegno “San Pietro Spina tra storia, spiritualità e attualità”». Che sia quell’«attualità» il legame con il lavoro che si fa nel Palazzo? Sono finite nel mirino pure le hostess reclutate in occasione di “Ora parlo io”, appuntamento dell’ex governatore Giuseppe Scopelliti nell’aula Calipari del consiglio regionale.
Il Popolo della libertà, invece, aveva deciso di sondare il mondo giovanile, commissionando un’«indagine di tipo scientifico per conoscere le opinioni e gli atteggiamenti dei giovani calabresi nei confronti dela politica». Costo: 18.700 euro. Per i magistrati l’argomento è troppo generico.
E la genericità è il tratto distintivo di una buona parte della classe politica. Quasi la traslazione contabile della sensazione che si ha quando si ascolta un discorso: le parole vuote di certi monologhi si trasformano in giustificazioni insufficienti sulle ricevute.
Avrà il suo daffare Giulio Serra. Nei conti di “Insieme per la Calabria” è saltata fuori una spesa «irregolare per la locazione di un immobile sito in San Marco Argentano». L’appartamento era la «sede operativa del gruppo consiliare per la provincia di Cosenza». Lo sforzo per il decentramento è costato 1.705 euro ed è la prova dell’interesse del consigliere regionale per le periferie. Soprattutto se la periferia in questione è il suo feudo elettorale prediletto. La prova, per i magistrati, sarebbe «la coincidenza tra il termine finale del contratto e la cessazione della carica del presidente del gruppo pro tempore (che era proprio Serra, ndr)». Finito il turno di Serra, non c’è più bisogno della sede nella Valle dell’Esaro. Che può tornare a essere uno dei tanti angoli dimenticati della regione.
L’indeterminatezza degli incarichi è la stella polare della spesa pubblica. A destra come a sinistra. Autonomia e diritti, il movimento dell’ex governatore Agazio Loiero, mostra le stesse, generiche, parole d’ordine in testa ai contratti di collaborazione. La Federazione della sinistra, invece, sembra ispirarsi all’imitazione di Bertinotti offerta, qualche anno fa, da Corrado Guzzanti. Quello diceva che «la sinistra è morta e non è una questione di geografia politica ma di rifondazione delle categorie interpretative della società», nell’area post-comunista si assume un consulente e gli si dice che «allo scopo di garantire il più corretto svolgimento del programma politico che il consigliere regionale si è prefisso in forza del suo mandato elettorale, il progettista dovrà realizzare sistemi informativi e di elaborazione dati che consentano la pianificazione, progettazione e gestione delle varie attività svolte sul territorio regionale di riferimento». Chiarissimo, forse per il finto Bertinotti. «Motivazioni solo apparenti» saltano fuori, per la Corte dei conti, dai contratti di “Progetto democratico”, che riesce ad assumere un professionista con competenze in materia urbanistica per affidargli il «supporto tecnico giornalistico». Anche il Pd – e vale lo stesso per Italia dei valori – cade nel clichè dell’«oggetto generico», ma soprattutto, «nonostante la formulazione di ben due successive interlocuzioni istruttorie, i contratti risultano privi di un qual che sia “progetto” dal quale poter desumere i minimali elementi essenziali ai fini del giudizio valutativo spettante alla Corte». Un esempio per tutti: c’è chi si è occupato della «realizzazione, attraverso ricerche e indagini conoscitive e statistiche, di una fase del programma politico previsto dal committente».
E poi è tutto un profluvio di «biglietti Trenitalia», «ricevuta ristorante», «ricevuta agriturismo»: tutte «irregolari in quanto non inerenti ad attività istituzionale del gruppo». Finisce dietro da lavagna – ovviamente in attesa di giustificazioni da recapitare alla Corte – anche Antonino De Gaetano: 726 euro per «biglietti da visita e buste», una ricevuta di Poste italiane per «posta target e servizio affrancatura» da 2.753 e un’«autodichiarazione per un viaggio a Roma» per 305 euro. Sempre De Gaetano si è fatto finanziare una «missione convegno a Milano con allegati biglietto aereo, taxi, hotel e autogrill per un totale di 405 euro». Sarebbero rimborsi «da ritenersi irregolari». Come quelli di Bruno Censore, che passa da una fattura per una «cena con amministratori per 1.399 euro» a una «per noleggio amplificazione, schermo e videoproiettore per 907 euro», fino a una spesa, pure questa contestata, «per manifesti, locandine, inviti stampa, buste e striscioni per 1.650 euro». Che bacchettoni questi giudici contabili. Il conte Mascetti non avrebbe apprezzato.

 

Pablo Petrasso

p.petrasso@corrierecal.it

 

Questo servizio è stato pubblicato sul numero 161 del Corriere della Calabria

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