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IL COMMENTO | Gli acquaioli e il mugnaio

La politica regionale del centrosinistra è in ambasce. I protagonisti dibattono tra localismi asfittici e centralismi nanosomici, mentre il deficit galoppa, il Paese è preda della deflazione che è …

Pubblicato il: 13/08/2014 – 16:07
IL COMMENTO | Gli acquaioli e il mugnaio

La politica regionale del centrosinistra è in ambasce. I protagonisti dibattono tra localismi asfittici e centralismi nanosomici, mentre il deficit galoppa, il Paese è preda della deflazione che è alle porte anche della nostra regione, i dissesti degli enti locali sono una realtà, l’iniziativa privata stenta ad intravedere un futuro, i servizi essenziali sono una chimera. Si assiste ad una democrazia mancata, ove l’egocentrismo e le truppe continuano a dominare sulle scelte. Al buon governo che ha smarrito l‘aggettivo. Ad un bene comune che incentiva i patrimoni personali. Ad un personalismo che ha opacizzato ogni confronto ad opera di coloro che riducono lo spazio visivo alla costruzione del proprio culto dell’immagine. Il narcisismo impera e offusca le menti ma non di quanti osservano (e sono tanti, spesso determinanti per vincere) con distaccato realismo la dimensione storica della propria esistenza. Occorre rinsavire al più presto, scuotere le coscienze e rimuovere il torpore che condanna le migliori menti ad un’accidia indifferente degna del peggiore declino. La frattura generazionale è insanabile. Dopo le generazioni politiche dello spreco succedono quelle dell’austerità intesa non come sobrietà o sostenibilità, ma come privazione, esclusione, marginalità, astinenza, castigo. È giusto che le prime generazioni, a prescindere dalle colpe individuali, cedano il passo alle seconde, quale segno del riconoscimento di una posizione di responsabilità etico-sociale che dia una chance a chi sinora ha pagato il prezzo. Le generazioni passate devono assumere su di sé il senso del dovere, lasciando lo spazio dei diritti alle generazioni future. Oggi è giusto riconoscere i diritti altrui e assumere i doveri che sarebbero stati di altri se questi non fossero stati usurpati dei propri diritti. Il ceto politico deve rintracciare la giusta via e la generosità indispensabile per attrarre il consenso attraverso la partecipazione.

Necessitano parole d’ordine. Irrinunciabili ed esplicative di ciò che si intende fare, la prima è unità. Essa è intesa come sintesi, la stessa del metodo filosofico della conoscenza cartesiana che dall’analisi delle questioni e dei problemi passa alla convergenza sintetica. Il dibattito deve crescere sulle idee prima che sui muscoli, occorre sapere quali i progetti sulla sanità, il turismo, l’agricoltura, l’immigrazione, il territorio, l’ambiente. L’esercizio di convergenza sintetica spetta all’aspirante mugnaio il quale deve avvalersi di valenti acquaioli, distinguendo ruoli e attività, riconoscendo pari dignità e essenzialità nella differenza.

La seconda è identità, intesa come cifra comune di un impegno politico. Essa in una fase transitoria di bonifica dei conti pubblici non può che essere la politica di bilancio improntata a verità ed equità. Un’assenza di politica di bilancio in una fase di squilibri strutturali non può che involvere nel rigorismo delle entrate senza attenzione al principio di progressività, ovvero, nel lassismo della spesa senza attenzione all’indebitamento. Nell’una e nell’altra la classe dei salariati (pubblici e privati) e della media borghesia imprenditoriale pagherebbero le spese di profonde storture sociali. 

La terza è socialità. Senza la riaffermazione dell’effettività dei diritti sociali essenziali una società che invecchia è destinata a perire di diseguaglianze profonde che attentano ogni libertà e dignità della persona. Il tema della sanità e dell’assistenza richiede una profonda riforma capace di coniugare merito, efficienza e bisogni di assistenza, fattori allo stato totalmente scompensati. 

La quarta deve essere ammaestramento. Bisogna prendere coscienza che senza una politica culturale intensa che sappia coniugare i saperi e le esperienze con i bisogni di crescita espressi nei mercati non ci può essere un futuro “lungo” e si corre il rischio (già emergente) del colonialismo contemporaneo, la cui dominanza è nelle conoscenze, prive di confini e dazi, di protezionismi e barriere. Ciascuno deve essere maestro nel proprio settore senza distinguere il livello di istruzione secondo parametri precostituiti ma in base alle conoscenze effettive. Il valore legale del titolo di studi deve essere garanzia e certificazione di conoscenze effettive, trasparenti e controllate dal mercato delle conoscenze. Le riserve legali sottratte al controllo sociale innescano una incalcolabile ipocrisia di classe, oppioide dei tempi moderni, illusionismo onirico ed emarginazione sociale. 

La quinta deve essere inclusione. Una società di frontiera culturale, religiosa, etica, economica, non ha spazio se non per la contaminazione. La diffusione dell’ebola ne è un sintomo ideale che esprime un percorso e un bisogno. Il fenomeno è inarrestabile ed è l’esito di politiche discriminatorie che hanno selezionato aree del privilegio da territori immuni da crescita. Il respingimento è il rifiuto e la negazione della questione migratoria, un atteggiamento astorico e irresponsabile. Occorre sviluppare politiche attive di inclusione che diano valore al flusso di vite esperienze e valori provenienti da società saccheggiate e immiserite dall’ingordigia dell’opulenza. Ciò deve avvenire senza abdicare le radici laiche delle tradizioni giudaico-cristiane delle società occidentali nello spirito liberale di apertura all’alto.

La sesta e ultima deve essere lavoro. Ciò che manca ai giovani che vanno via e alle famiglie senza speranza. Ciò che è stato da sempre l’oggetto del ricatto divenuto strumento di attrazione del consenso immondo, causa del degrado culturale che ha caratterizzato la politica che si ha il dovere di rinnovare.  Insomma, la classe politica regionale del centrosinistra deve sapere scegliere il mugnaio ma anche gli acquaioli. Gli uni indispensabili come l’altro. 

 

*docenti Unical

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