“Considerando sia pure superficialmente e senza animosità cromo-politica quindi frigido pacatoque animo il suo inutile quanto contestatissimo e non meno costoso “touch and go” nel Meridione d’Italia, ci si accorge in termini quanto mai evidenti e concreti come lo stesso, con buona dose di snobbismo, ha riservato appena quarantacinque minuti per affrontare ataviche problematiche che erano, sono e resteranno quelle di sempre indipendentemente dall’indiscusso talento narrativo dei musico-terapisti di turno. Che esaltando il noto motto secondo cui “spero, promitto e iuro” reggono l’infinito “futuro”…, ripropongono nell’estremo Sud, con immagine intellettuale e fredda, una perniciosa liturgia già tristemente conosciuta e puntualmente scandita da spot, slogan, sketch da avanspettacolo fra le più squallide e oltraggiose che la storia politica reggina ricordi”. Così il presidente della commissione regionale di Vigilanza, Aurelio Chizzoniti, scrive al premier Matteo Renzi che nei giorni scorsi è stato a Reggio. E aggiunge: “Proprio così, lei inedito turista politico-istituzionale con esercizi di sfrontata codardia (non si sfugge al confronto con i disoccupati) ha riproposto in ordine alle tenebrose vicende del porto di Gioia Tauro e della pertinente Zes, gli stessi vizi dell’inganno, dell’apparenza, del perverso conformismo, della sfuggente impalpabilità di qual si voglia impegno politico contro i quali era con furore islamico insorto asfaltando tutto e tutti fino a divenire Mr. 40% (pro tempore). La svolta copernicana non c’è stata mentre l’insulto compos sui all’intelligenza del popolo calabrese sicuramente sì. Infatti, ha discusso del nulla deludendo anche i suoi sostenitori sfuggendo la concreta verità che ci attanaglia per affidarsi a un futuro incerto e tentennante dei cui improbabili favorevoli approdi solo lei è geloso custode. Confermando, anche per questo versante, la visione coloniale del Meridione d’Italia e della Calabria in particolare poiché evidentemente “de minimis non curat praetor” nella cui ottica sembrano vox clamans le “quattro mosse” per far decollare la struttura di Gioia Tauro prospettate da Roberto Galullo a pagina 10 dell’edizione del 14 agosto andante del Sole 24 Ore che evocano anche uno strano disinteresse per taluni bandi volti all’esecuzione di fondamentali opere infrastrutturali sulle cui trame occulte forse bisognerebbe esplorare il ruolo del signor Burlando. Oggi governatore della Regione Liguria e prima ministro dei Trasporti, da sempre ostile a qual si voglia ipotesi di sviluppo di Gioia Tauro ritenuto concorrenziale con quello di Genova”. “In ordine al Palazzo di Giustizia, inoltre – aggiunge Chizzoniti -dubito che lei possa erogare ben trentacinque milioni di euro necessari per il completamento dello stesso poiché quando il ministro della Giustizia Cancellieri un anno addietro ne promise appena cinque ma mai trovò il tempo per stanziarli forse perché impegnata “ultra vires” in opere umanitarie connesse alla tutela della salute di taluni detenuti eccellenti mentre contestualmente altri di serie B spiravano nelle patrie galere. Sembra una recita di fine anno scolastico all’insegna di buoni propositi nella cui ottica spicca la sua intensa quanto allegra partecipazione al dolore della Germania per il Pil stagnante per cui si conferma sempre attuale che “aver compagni al duol scema la pena”; mi fa ridere, altresì, la Sua cabarettistica sortita risalente al marzo 2013, quando con studiato passo da leopardo si avvicinava astutamente a Palazzo Chigi, criticò duramente, “urbi et orbi”, la sua maggioranza perché non riusciva ad eleggere i vertici Istituzionali mentre il Vaticano in tempi anglosassoni aveva già eletto al soglio di Pietro il successore del Papa dimissionario. Oggi, dottor Renzi, deve prendere semplicemente atto di non aver nominato, dopo ben cinque mesi di vacatio, non l’ambasciatore a Pechino o altro ma semplicemente il commissario della sanità calabrese il cui comparto è letteralmente quanto irresponsabilmente allo sbando. E qui soccorre una favoletta di La Fontaine che scandisce come in effetti “a ciarlar son bravi in cento ma diverso è ben l’affare quando trattasi di fare”. E allora: se l’alta velocità si arresta inesorabilmente in Campania, la portualità in Calabria non esiste, un biglietto aereo Reggio-Milano costa più di un Reggio-New York, la conclusione dei lavori per la costruzione di una mulattiera spacciata per autostrada è scandita dall’avverbio che indica il fine pena degli ergastolani “mai”, i collegamenti fra le città di Reggio e Messina si interrompono clamorosamente durante il fine settimana, si parla (come avevo abbondantemente previsto nel contesto della battaglia a difesa della Sezione decentrata del Tar di Reggio), di revisione della distribuzione territoriale delle Corti di Appello e quindi anche di quella di Reggio, si insiste per il trasferimento a Bari del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria con sede a Catanzaro, l’adeguamento della statale 106 non mi pare sottratto al fine lavori “mai”, da queste parti bisognerebbe decidere se continuare a vegetare quale Sud dell’Italia e della sempre più cinica Europa oppure se pensare seriamente ad un ruolo da protagonisti nell’area Nord Africana affrancandoci da una situazione ancestrale di sudditanza e strumentale vassallaggio politico. Per quel che mi riguarda, parafrasando quanto ebbe a dire Cesare attraversando un piccolo villaggio barbarico, “preferisco essere primo fra questi e non secondo fra i romani”! Certo se lei dottor Renzi, contradditorio apostolo della spending review, per la gita fuori porta la vigilia di Ferragosto a volo radente a bordo di un velivolo di Stato (quanto è costata all’erario pubblico?) fosse arrivato in treno (a nulla rileva se direttamente da Roma o via Taranto) avrebbe conosciuto le allucinanti esperienze vissute da chi viaggia utilizzando treni sporchi, in ritardo, spesso senza aria condizionata o riscaldamento, e probabilmente avrebbe acquisito qualche ulteriore elemento di valutazione utilissimo per decidere se autocollocarsi – cognita causa – nel mondo di Collodi o in quello del Principe della risata. Il partenopeo Totò De Curtis”. “A lei presidente – chiede Chizzoniti – che molto spesso mi ricorda un altro Principe, quello “de’ novi farisei” (Bonifacio VIII) di dantesca, infernale, memoria, rammento che nessun calabrese porgerà l’altra guancia consentendo a qualsivoglia governo di affondare nelle sabbie mobili della sempre più paludosa e indifferenza politica i diritti dei portuali di Gioia Tauro che per essere tali non hanno avuto il privilegio riservato a banche e banchieri per interloquire con il capo del governo. A lei, quindi, con composta e orgogliosa identità meridionale, rifuggendo da qualsivoglia malinconica rassegnazione mai allietata da manifestazioni di gioia per le disgrazie altrui, con umano sgomento per la sua ostentata superiorità morale e antropologica ricordo che quando nel resto dell’Italia preunitaria si circolava a cavallo o in carrozza nel Regno delle Due Sicilie, da Napoli a Portici e ben 21 anni prima (3 ottobre 1839) della fatidica annessione consumata nel 1860 si andava in treno. Una locomotiva a vapore e ben otto vagoni!!! Un’ultima curiosità, il premier Monti trascorreva le serate del dopo Palazzo Chigi in biblioteca confrontandosi con le teorie keynesiane, Berlusconi esercitò opzioni più sollazzanti in quel di Arcore, per quel che sono riuscito ad apprendere sembra che lei (che lambisce con agghiacciante disinvoltura visioni assolutistiche della politica quali “l’Ètat c’est moi!”) trascorra le sue serate leggendo e rileggendo un libro di Jamie McGuire che sta spopolando negli Stati Uniti. Il titolo? Assai eloquente, persuasivo e ovviamente soltanto occasionalmente pertinente: Uno splendido disastro”.
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