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In Svizzera 'ndrine vibonesi e reggine

REGGIO CALABRIA In Svizzera era operativa, da circa 40 anni, un’articolazione della ‘ndrangheta direttamente collegata alle cosche di Fabrizia (Vibo Valentia) e di Reggio Calabria. Una circostanza …

Pubblicato il: 22/08/2014 – 10:26
In Svizzera 'ndrine vibonesi e reggine

REGGIO CALABRIA In Svizzera era operativa, da circa 40 anni, un’articolazione della ‘ndrangheta direttamente collegata alle cosche di Fabrizia (Vibo Valentia) e di Reggio Calabria. Una circostanza inedita portata alla luce dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio che hanno eseguito un decreto di fermo della Dda a carico di 18 persone, due bloccate nel Reggino e le altre 16 oggetto di localizzazione in Svizzera da parte delle autorità elvetiche, che saranno arrestati dopo l’estradizione. Gli indagati, ritenuti componenti dell’articolazione territoriale denominata “Società di Frauenfeld (Svizzera)”, dipendente dal “locale” di Fabrizia, sono accusati di associazione mafiosa aggravata dalla transnazionalità. Le indagini dei carabinieri hanno consentito non solo di confermare l’esistenza e l’operatività – già dagli anni Settanta – del “locale” di Frauenfeld, alla cui testa vi era, secondo l’accusa, Antonio Nesci, ma anche di individuarne gli associati, i ruoli e le cariche e soprattutto di verificarne la dipendenza dal “crimine” calabrese. L’inchiesta ha consentito – per la prima volta in assoluto, secondo gli investigatori – di apprendere dettagli e caratteristiche del contesto criminale elvetico, con riguardo alla struttura di ‘ndrangheta in quel territorio. Il dato essenziale appurato, sino ad ora inedito, riguarda la piena operatività da circa 40 anni dell’articolazione di ‘ndrangheta insediata in Svizzera. Agli atti dell’inchiesta c’e’, infatti, una intercettazione in cui uno degli indagati dice «… la nostra società è formata da 40 anni …». Struttura comunque in piena e diretta rispondenza alla terra d’origine degli affiliati. Al riguardo, in un’altra intercettazione, un indagato afferma: «Gli ho detto… gli ho detto che il “locale” è da 40 anni che “risponde” a Fabrizia …». Le indagini, avviate nel gennaio del 2012, e la fase esecutiva di queste ore si sono avvalse anche del contributo investigativo dell’Ufficio federale di polizia della Confederazione svizzera, in relazione alle attività svolte in territorio elvetico, per l’utilizzo delle quali, il 17 aprile del 2013, è stato siglato a Milano, negli uffici del Comando provinciale carabinieri, un «accordo su indagini collegate tra il ministero pubblico della Confederazione svizzera-Divisione Protezione dello Stato-Reati speciali e criminalità organizzata e la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria».

Dalle indagini è emerso che l’organizzazione, legata al “locale” di Fabrizia (Vibo Valentia) ed ai Mazzaferro di Marina di Gioiosa Ionica, è di fatto un clone del modello calabrese ed è strettamente dipendente con l’organismo di vertice in Calabria. Anche dal punto di vista gerarchico, la cosca svizzera
ha riprodotto la struttura calabrese con riferimento a ruoli, cariche e gradi ed agli incontri in “società” con le stesse modalità, formule e rituali. C’era dunque una suddivisione verticale tra “maggiore” – di cui fanno parte gli esponenti più anziani e con pregressa militanza nelle cosche reggine – e la “minore” di cui fanno parte gli esponenti di più recente affiliazione. Nel corso delle riunioni, il presunto boss Antonio Nesci impartiva le disposizioni per la conduzione delle attività illecite, incitando i più giovani ad occuparsi del traffico di droga («chi vuole lavorare può lavorare, c’è il ‘lavoro’ su
tutto: estorsioni, coca, eroina! 10 chili, 20 chili al giorno ve li porto io! Personalmente!»). Altri riferimenti ad attività delittuose sono emersi dalle intercettazioni, quando i presenti facevano riferimento ad altri locali, a ‘ndrine e a regole mafiose, a contrasti con altri locali, alla dipendenza da Fabrizia, ad omicidi ed estorsioni la cui decisione era demandata a chi disponeva di cariche speciali («se dobbiamo parlare di omicidi, di estorsioni, ci riuniamo quei tre, quattro, cinque, come ho sempre detto»). Le indagini dei carabinieri hanno consentito di individuare associati, ruoli e cariche, ma, soprattutto, di verificare la dipendenza della cosca dal “Crimine” calabrese grazie a Giuseppe Antonio Primerano, indicato come il capo del Locale di Fabrizia e dipendente dal “Crimine” Domenico Oppedisano, già coinvolto nell’inchiesta denominata, appunto, “Crimine” nel cui contesto è stato condannato a 13 anni di reclusione per associazione mafiosa. Da quella indagine, secondo l’accusa, era emerso il ruolo apicale di Primerano e la sua influenza nella risoluzione delle controversie criminali, anche internazionali. E proprio a Primerano, Nesci doveva far riferimento per ottenere l’autorizzazione ad estendere il dominio territoriale anche in altre località tra cui Singen – comune tedesco del Baden – Wuttemberg. E dopo il suo arresto gli affiliati svizzeri avevano dato il via ad una colletta per la sua famiglia. L’operazione, denominata “Helvetia”, è stata avviata la notte
scorsa quando i carabinieri hanno avuto conferma della presenza in Calabria di Antonio Nesci in compagnia di Raffaele Alòbanese, di 60 anni, anch’egli sottoposto a fermo.(0050)
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