Serviva un altro primato negativo per la Calabria? Eccolo: siamo l’ultima regione d’Europa per la presenza di donne nei Consigli di amministrazione di società pubbliche o partecipate da enti pubblici. Il che non rappresenta solo un biglietto da visita negativo ma costituisce anche una violazione alle norme comunitarie che vogliono se non un regime paritario quantomeno una maggiore presenza femminile nel management pubblico.
Diciamo che l’Italia, in generale, non se la passa bene ma quell’11 per cento di presenze femminili nelle società pubbliche segnato dalla Calabria è veramente pesante. La media nazionale, infatti, non raggiunge il dovuto 33 per cento ma, ad allargare la forbice numerica, ci pensa il Nord del nostro Paese: su un totale di 1.795 donne ai vertici, ben 1.020 si trovano in società del Nord Italia. Al Sud ci si ferma a quota 428 amministratrici, mentre in tutto il Sud (isole comprese) si registra il livello più basso: solo 347.
Un quadro impietoso, insomma, quello che ci consegna il monitoraggio del Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, commissionato alla Cerved Group. Ad aggravare la condizione calabrese, con il suo 11,7% di presenze femminili tra gli amministratori di società pubbliche, ci pensa la relazione prodotta dalla Fondazione Bellisario che evidenzia 94 violazioni in Calabria rispetto alla normativa vigente che impone ci sia per il primo mandato, una quota riservata al genere meno rappresentato pari ad almeno un quinto (20%) del numero dei componenti del cda. La legge prevede un aumento progressivo della presenza femminile nel top management pubblico e impone che la nomina degli organi di amministrazione e di controllo, se collegiale, sia effettuata secondo modalità tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti (33% circa) di ciascun organo.
Analoga condizione riguarda gli organi di controllo delle società pubbliche, con 700 sindaci effettivi donne e 613 supplenti al Nord, contro i 308 e 257 del Centro e i 246 e 191 di Sud e Isole. Un esempio eclatante del “maschilismo” imperante in Calabria, con assoluto mancato rispetto delle norme richiamate, lo indica l’ex parlamentare Lella Golfo, che è presidente della Fondazione Bellisario: «La società dell’aeroporto di Lamezia Terme – spiega la Golfo – scaduto il consiglio di amministrazione lo ha rinnovato senza rispettare la legge, e noi abbiamo segnalato la vicenda. Come è avvenuto d’altronde in tantissimi altri casi. La procedura è semplice, noi scriviamo al presidente del consiglio e al dipartimento delle pari opportunità segnalando il caso. Subito dopo parte la lettera alla società che ha l’obbligo adeguarsi entro 60 giorni, pena la decadenza del cda». (0070)
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