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Il tanga e i bifolchi

Nella terra delle facce di bronzo, che passano senza danno e senza vergogna da uno scandalo all’altro, piroettando meglio della Carla Fracci dei tempi migliori, ecco che a dare polemica sono gli un…

Pubblicato il: 23/08/2014 – 10:12

Nella terra delle facce di bronzo, che passano senza danno e senza vergogna da uno scandalo all’altro, piroettando meglio della Carla Fracci dei tempi migliori, ecco che a dare polemica sono gli unici bronzi incolpevoli quanto sfortunati: quelli di Riace. C’è chi li vuole far viaggiare e chi, invece, preferisce tenerli sotto naftalina ma non rinuncia a ridicolizzarli e ridicolizzare quel che resta della credibilità calabrese del ministero dei Beni culturali e dell’assessorato regionale all’incultura.
Pontificava, nei giorni della polemica sui Bronzi all’Expo, la Simonetta Bonomi, che ci dicono essere ancora la Soprintendente ai beni culturali per la Calabria, che «spostare i Bronzi di Riace li espone a rischi di danneggiamenti e di perdita. È un dato di fatto». E argomentava: «Come Soprintendenza lo diciamo da 30 anni che c’è questo rischio, visto che ciclicamente scoppiano le solite polemiche. La prima fu addirittura nel 1982. Evidentemente ci si dimentica che queste statue hanno 2500 anni, 2000 dei quali trascorsi sotto l’acqua. La loro struttura è fragile anche da un punto di vista meccanico e non solo chimico-fisico. Spostarli vuol dire assumersi una grande responsabilità. A Reggio Calabria sono ospitati in una sala con un microclima controllato per l’umidità e la temperatura, poggiati su basi antisismiche e con un filtraggio dei visitatori».
Come non condividere tali asserzioni. Allora non resta che, per il bene dei Bronzi, spostare la Bonomi visto che quando sono affidati alla sua sorveglianza può anche capitare che, «a sua insaputa» (se Scajola chiedesse i diritti d’autore non avrebbe bisogno di inciuciare con Matacena per riciclare capitali), la delicatissima sala che li ospita dove, sono sempre parole della Bonomi, «la corrosione ciclica, conosciuta come cancro del bronzo, può essere innestata anche da un piccolo incidente climatico», diventi un set fotografico per mettere il tanga leopardato e il boa fucsia attorno alle statue in modo che, nel nome dell’arte, qualche fotografo più o meno famoso venda a somme incredibili i suoi originalissimi e beffardi scatti.
Eppure è stata la stessa imperturbabile Simonetta Bonomi a sostenere (intervistata dall’Ansa) che «è inaccettabile fare un discorso economico sui Bronzi. Un museo non nasce per fare cassa, ma per fare cultura. Non è una fabbrica di bulloni. Certo, se poi gli incassi ci sono è meglio, ma un museo non nasce per quello».
Chissà se il ministro Franceschini condivide. All’estero non la pensano affatto così e comunque la polemica sulla “redditività” dei Bronzi, innescata da un articolo del Corriere della Sera, non nasceva sui pochi (circa sedicimila) visitatori paganti, bensì sugli oltre 35mila che entravano e visitavano gratis.
Tra questi ultimi, in nome dell’arte fotografica, su invito ufficiale della Regione Calabria e con il permesso ammiccante della stessa Bonomi, anche il fotografo Gerald Bruneau, «allievo – spiegano – di Andy Warhol», che di allievi ne ha contati appena un migliaio e non tutti risultano promossi.
E che ti combina il grande Gerald Bruneau? Mette un tanga ridicolo, di quelli che ormai non si sfoggiano neanche al Gay pride, alla “statua B”; veste da sposa la “statua A”, e via dicendo con ampio rifornimento alle fonti della fantasia e, soprattutto, del cattivo gusto.
Giacché si trova, gira anche un bel filmato, in modo da immortalare i suoi collaboratori nella fase di allestimento del set. Ha tutto il tempo e tutta la libertà che vuole: è invitato dalla Regione Calabria e autorizzato dalla potentissima Bonomi. Poi scoppia il casino, perché “l’arte” dell’allievo di Warhol non risponde ai principi della non redditività che valgono solo per i musei e per i beni pubblici, per cui scatti e filmato vengono piazzati a prezzi importanti sul mercato editoriale. La polemica che seguirà si incaricherà di far lievitare i prezzi. A questo punto cominciano i balbettii della Soprintendente: «La vicenda risale ai primi dello scorso mese di febbraio, quando la Regione ha organizzato una kermesse di fotografi internazionali per promuovere i Bronzi all’estero. In quell’occasione c’erano tanti fotografi, tra i quali Bruneau, per realizzare un servizio per alcune testate tedesche e inglesi. Mi mostrò la foto di Paolina Borghese avvolta in un drappo rosso e la trovai bellissima. Quindi mi propose di fare uno scatto ad una statua con alle spalle un tulle bianco. Avendo visto – prosegue la Bonomi – la foto di Paolina e conoscendolo come un ottimo fotografo, gli dissi di sì. Infatti mi fece vedere uno scatto con la statua A con dietro il tulle bianco ed era molto bella. Poi, a mia insaputa, (dice proprio così… sic!, ndr), ha scattato le altre immagini, che sono terribili. Quando i custodi se ne sono accorti sono intervenuti e lo hanno bloccato, ma evidentemente era già riuscito a fare alcuni scatti».
E non finisce qui. Il meglio (si fa per dire), la dottoressa Bonomi lo dà subito dopo: «Per me – è sempre la Bonomi che parla con l’Ansa – era scontato che se le tenesse per sé, visto che non erano state autorizzate, ma adesso vedo che sono uscite e non so come. Tra l’altro è curioso che vengano fuori proprio nei giorni in cui c’è la solita polemica sull’eventuale trasferimento dei Bronzi in altri musei. Sembra quasi una cosa orchestrata».
Ma ci è o ci fa? Secondo la Bonomi, in versione Alice nel paese delle meraviglie, uno attraversa la Penisola, sbarca a Reggio, si porta dietro una intera troupe, fa quel che gli pare e piace con due opere d’arte tra le più belle del globo e tutto questo per portarsi a casa qualche foto-ricordo?
E meno male che i custodi (almeno loro non cedono al fascino sinistro dell’“arte”) lo hanno bloccato, altrimenti chissà quale altra avveniristica sperimentazione avremmo potuto “apprezzare”.
A questo punto diventerebbe davvero importante sentire la voce (e possibilmente anche il parere) dell’assessore regionale alla Cultura, nonché portavoce del movimento “Scopelliti presidente”, Mario Caligiuri. In qualche modo nella vicenda ha giocato il suo ruolo. Stando alle parole della Bonomi, è lui che ha scelto e invitato i fotografi che dovevano rilanciare l’immagine dei Bronzi nel mondo. È ancora dell’idea che Gerald Bruneau è un geniale artista della fotografia? Se così fosse, coerenza imporrebbe all’assessore Caligiuri di convocare una conferenza stampa per spiegare a noi bifolchi la vera arte.
Magari presentandosi in tanga leopardato e con boa fucsia attorno al collo…

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