«Se riparte Gioia Tauro, riparte l’Italia. Investire sul retroporto». È quanto sostiene il presidente di Confindustria Reggio Calabria Andrea Cuzzocrea, che ha scritto al sottosegretario ai Trasporti Umberto Del Basso De Caro, per sottoporre all’esponente del governo Renzi l’urgenza di provvedimenti a favore del porto di Gioia Tauro e dell’intera area che gravita attorno a una delle più grandi infrastrutture del Mediterraneo.
«Il porto – scrive Cuzzocrea – rappresenta una delle pochissime speranze che alla Calabria e ai calabresi siano ancora concesse per costruire un futuro di progresso e di benessere e per affrancarsi dalla condizione di sottosviluppo alla quale il Mezzogiorno è stato relegato. Nella cornice di una questione meridionale ancora oggi drammaticamente attuale la Calabria costituisce la frontiera più esposta e più a rischio: un’area in cui l’incapacità e la miopia della politica, da decenni, hanno precluso qualsiasi possibilità di crescita; in cui la malaburocrazia ha soffocato qualsiasi iniziativa economica; in cui l’aggressione delle forze criminali al tessuto sano della società e dell’imprenditoria procede inesorabilmente, cagionando il collasso delle strutture virtuose, che costituirebbero un argine al dilagare dell’illegalità e del degrado culturale, morale e politico di questa comunità».
«Il modello Gioia Tauro, ad avviso dell’associazione che rappresento – prosegue il presidente degli industriali reggini – inizia a mostrare crepe che generano preoccupazione sulla sostenibilità di un sistema che, così com’è, rischia di disgregarsi molto rapidamente. L’attività di transhipment non è più sufficiente a garantire un futuro al porto e all’area di cui è il baricentro economico, coincidente in massima parte con la regione. Oggi il principale terminalista, Mct, mantiene livelli alti di operatività grazie al rapporto instaurato con alcuni grandi armatori, che accettano di fare scalo nonostante l’esosità di accise e tasse di ancoraggio, più alte rispetto ai porti competitor, ancorché calmierate con provvedimenti periodici dei governi nazionali».
Non meno rilevante, sostiene Cuzzocrea, è il tema del cuneo fiscale che rende più costoso il lavoro in Calabria rispetto agli altri porti internazionali. Il presidente di Confindustria, è scritto in una nota, parla della vertenza che sta interessando alcuni dipendenti delle imprese terziste e che lunedì sarà affrontata dalla direzione territoriale del lavoro. «Nel momento in cui – afferma – una delle due società terminaliste, che opera nell’import-export del comparto automotive, ha visto ridursi drasticamente il proprio volume d’affari per la diminuzione delle commesse, l’intero sistema economico dell’area è stato messo in enorme difficoltà. Nascono così i 12 licenziamenti che le tre aziende di rizzaggio operanti nel porto hanno dovuto irrogare per giustificato motivo oggettivo, nel pieno rispetto della legge Fornero. Tale vicenda, che ha palesato un grave deficit di maturità nelle relazioni industriali con episodi inaccettabili di picchettaggio ai limiti dell’intimidazione, dimostra la fragilità dell’economia legata al porto».
Per non far morire Gioia Tauro, sostiene ancora Cuzzocrea, è «indispensabile investire sulla crescita dell’economia reale nell’area retroportuale, creando le condizioni affinché nasca un tessuto produttivo oggi completamente inesistente. Solo la nascita di insediamenti industriali, la creazione di posti di lavoro, la produzione di valore aggiunto possono salvare questa terra dal naufragio sociale ed economico». Nella lettera viene espresso il timore che la Zes venga «istituita in altre aree del Paese. Riteniamo che, quando l’Italia sarà nelle condizioni di
ottenere un’area tax free (molte nazioni dell’est europeo l’hanno ottenuta, non comprendiamo quali siano le difficoltà), la localizzazione debba tener conto dei principi solidaristici che devono improntare l’azione dello Stato. Anche perché siamo stati noi i primi a chiederla, sia come industriali, sia con un provvedimento della Regione, sia con un apposito progetto di
legge nazionale».
Confindustria Reggio sollecita inoltre la sottoscrizione in tempi brevi del contratto d’investimento per Gioia e l’attivazione dell’Apq sul polo logistico intermodale, auspicando un «pieno spirito di collaborazione istituzionale» per uscire dalla crisi e chiudendo con un appello a occuparsi del porto, perché «se riparte Gioia Tauro, riparte il Sud. E se riparte il Sud, riparte l’Italia».
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