CATANZARO «Dall’operazione “Epilogo”, che nel settembre 2010 ha portato all’identificazione dei responsabili dell’incendio dell’autovettura di Nino Monteleone (avvenuto l’anno prima a Reggio Calabria), all’operazione “Hybris”, che vede, oggi, la Squadra Mobile di Catanzaro contestare ad un presunto boss del Catanzarese il reato di violenza privata aggravata dalla modalità mafiosa nei confronti del giornalista Francesco Ranieri». Lo afferma, in una dichiarazione, Carlo Parisi, vicesegretario della Fnsi e segretario del Sindacato giornalisti della Calabria.
«Sono trascorsi quasi quattro anni: un periodo lungo – aggiunge – per chi, per fare bene il proprio mestiere, è costretto a rinunciare alla propria tranquillità, ma breve se rapportato all’atavica situazione in cui per tanti, troppi anni, in Calabria, come nel resto del Paese, i giornalisti “con la
schiena dritta” hanno pagato il caro prezzo della Verità. Nel ringraziare il Cdr della Gazzetta del Sud per l’attestazione di stima al sindacato dei giornalisti e al lavoro svolto esclusivamente per tutelare professionalmente e personalmente quanti sono impegnati a garantire la corretta informazione al servizio dei cittadini, esprimiamo al collega Francesco Ranieri tutta la solidarietà e la stima della Fnsi per l’impegno, la serietà e la professionalità che contraddistinguono il suo lavoro, frutto di ricerca e controllo, non di veline o pezzi di favore per compiacere il potente di turno. Articoli che, se scritti giornalisticamente, non possono certo urtare la suscettibilità di qualcuno. Del resto, se una notizia non scontenta qualcuno, rischia di non essere una notizia. Ne sanno qualcosa Lucio Musolino, Pino Lombardo, Paolo Orofino, Guido Scarpino, Michele Inserra ed Emiliano Morrone, tanto per citare gli ultimi casi di giornalisti seriamente intimiditi. E ne sa qualcosa soprattutto Michele Albanese, costretto a vivere sotto scorta armata e a spostarsi con l’auto blindata per aver semplicemente fatto il suo mestiere di cronista».
«Lo diciamo da anni: l’unica strada per riaffermare la legalità – dice ancora Carlo Parisi – è quella di smascherare i responsabili ed assicurarli alla giustizia. Per farlo, naturalmente, sono necessari il coraggio di ribellarsi alla sopraffazione ed al sopruso e la denuncia senza se e senza ma. Per dare fiducia ai cittadini, insomma, occorre affermare lo stato di diritto e la certezza della pena. Appena l’8 agosto scorso, la Federazione nazionale della stampa e il Sindacato giornalisti della Calabria hanno organizzato, a Polistena, una manifestazione nazionale schierandosi al fianco di Michele Albanese contro ogni minaccia, per rivendicare lavoro e legalità per la libertà di stampa e per sottolineare che i tanti giornalisti seriamente minacciati devono avere, oltre alla scorta delle forze dell’ordine, anche quella della solidarietà e della vicinanza della società civile, delle associazioni di categoria, dei colleghi e dei cittadini onesti. Episodi tutti che, nella loro gravissima drammaticità, confermano, appunto, l’importanza del lavoro investigativo e inquirente delle forze dell’ordine e della magistratura, che da qualche anno – finalmente – aprono importanti squarci non solo nella criminalità organizzata, ma in quella “zona grigia” che per tanto, troppo tempo, ha finito per favorire chi, a parole, ha sempre dichiarato di combattere la ‘ndrangheta».
«Ma attenzione, questo non basta. Assieme al ripristino delle condizioni di normale vivibilità, che in troppe zone appaiono ancora come un miraggio – sostiene ancora Parisi – è assolutamente necessario creare occasioni di lavoro e di sviluppo e, nel contempo, consentire agli imprenditori onesti di non subire la concorrenza sleale di quanti, a vario titolo, si dedicano all’editoria per interessi tutt’altro che compatibili con la libertà di stampa e la qualità dell’informazione. Nel rinnovare il Contratto nazionale di lavoro giornalistico, la Fnsi ha messo un mattoncino: mai sotto i 20,83 euro a pezzo. Non sono tanti. Per i più non sono sufficienti a sopravvivere, ma rappresentano un’inversione di tendenza in un mercato del lavoro caratterizzato dallo sfruttamento e dal lobbismo. Se un giornalista non viene pagato da un editore, è alto il rischio che possa essere comprato per un panino o che lo faccia – il giornalista – gratuitamente per far piacere a qualcuno».
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