LAMEZIA TERME Mentre la giunta regionale si accinge a nominare i nuovi dg di Asp e Ao calabresi, in spregio a un circostanziato parere dell’Avvocatura dello Stato, c’è chi quello stesso parere lo prende alla lettera e agisce di conseguenza. È il caso del direttore generale dell’Asp di Catanzaro, Gerardo Mancuso. Il manager, al termine dei 45 giorni di proroga previsti per legge, ha presentato le sue dimissioni nelle mani del prefetto del capoluogo, Raffaele Cannizzaro. Al suo posto, seguendo la strada indicata dall’Avvocatura distrettuale, Mancuso ha nominato il manager più anziano in servizio nell’Asp catanzarese, cioè Pietro Menniti. Da quanto trapela, sembra che anche il sub-commissario alla Sanità, Luciano Pezzi, abbia dato il suo beneplacito a questa procedura che – va detto – è stata seguita in solitudine e in perfetta autonomia, senza cioè che a Mancuso arrivassero “suggerimenti” in tal senso.
L’ECCEZIONE E LA REGOLA
Ma l’Asp dei Tre colli è un caso a sé. Pare proprio che l’esecutivo regionale guidato da Antonella Stasi sia pronto a dare il via libera a una nuova infornata di nomine sanitarie, dopo il rinvio della riunione di giunta di sabato scorso. Il parere rilasciato dai giuristi di Stato su specifica richiesta del generale Pezzi, però, non lascia adito a dubbi: il governo calabrese non può deliberare nuovi incarichi perché vive in regime di prorogatio da quando, il 3 giugno scorso, le dimissioni dell’ex governatore Scopelliti sono diventate definitive. Gli avvocati distrettuali Giampiero Scaramuzzino ed Ennio Antonio Apicella spiegano che la nomina dei dg di Asp e Ao «costituisce indubbiamente atto di straordinaria amministrazione», pertanto non appannaggio di un esecutivo altrettanto “straordinario” come quello calabrese. Non sarebbe nemmeno possibile colmare i posti rimasti vacanti (ma finora a lasciare la poltrona è stato solo Mancuso) attraverso la surroga di un commissario. La tesi sostenuta dagli avvocati di Stato richiama il principio secondo cui governo e organi elettivi regionali in regime di prorogatio non possono che attenersi all’ordinaria amministrazione, «ed è quindi escluso che gli stessi possano assumere in tali circostanze provvedimenti di rilevante significato politico». Tanto più che la legislatura si avvia ormai alla sua fine. La nomina dei manager sanitari non è insomma una prerogativa possibile per una giunta “a tempo”: «Secondo la giurisprudenza amministrativa, la nomina dei soggetti preposti ai più alti livelli di responsabilità degli organismi regionali quali devono essere considerati i direttori generali delle aziende sanitarie non rientra tra gli atti di ordinaria amministrazione».
L’ALT DELLO STATO, L’OK DI MORRONE
L’Avvocatura va ancora più in là e spiega che nemmeno la nomina di commissari straordinari può essere ritenuta una soluzione praticabile, in quanto non rientrerebbe tra gli atti «di ordinaria amministrazione e, di conseguenza, risulta interdetta all’organo in regime di prorogatio, come nel caso della giunta regionale calabrese». Lo stesso vale per l’istituto della “reggenza”, che per l’Avvocatura non sembra «utilizzabile».
Una presa di posizione cristallina, ma non per tutti. Di sicuro non per Ennio Morrone che, in un’accorata lettera aperta, ha invitato la Stasi a nominare comunque i commissari delle Aziende sanitarie. Morrone non è un privato cittadino, ma il presidente dei consiglieri regionali di Forza Italia. Quello dell’Avvocatura è «un parere che, benché giunga da giuristi dalle comprovate capacità, non mi sento di condividere». Il capogruppo azzurro ammette di non essere un esperto in materia ma, nondimeno, chiede alla “governatrice” «di procedere ugualmente alla nomina di dirigenti che possano guidare la sanità regionale». Come? «Una soluzione auspicabile, rientrante negli atti di “ordinaria amministrazione” essendone il più classico degli esempi, sarebbe quella della nomina di commissari, figure che, come prevede la legge, è possibile rimuovere in qualsiasi momento». Cioè proprio la via che l’Avvocatura non ritiene percorribile. Che farà la Stasi? Si fiderà degli avvocati di Stato o del politico che ha candidamente dichiarato: «Di professione non faccio anch’io il giurista»?
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
x
x