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LA DECISIONE DEL TAR | Sul Corriere la telenovela degli «imbullonati»

LAMEZIA TERME «Il Tar calabrese ha deciso di metter fine ai giochetti della maggioranza di destra che, dopo le dimissioni forzate del governatore Scopelliti, si è imbullonata alle sedie tentando di…

Pubblicato il: 05/09/2014 – 10:05
LA DECISIONE DEL TAR | Sul Corriere la telenovela degli «imbullonati»

LAMEZIA TERME «Il Tar calabrese ha deciso di metter fine ai giochetti della maggioranza di destra che, dopo le dimissioni forzate del governatore Scopelliti, si è imbullonata alle sedie tentando di rinviare sine die le elezioni. Basta, hanno detto i giudici: al voto». È Gian Antonio Stella, dalle colonne del Corriere della Sera, a ricostruire con puntualità la vicenda calabrese, il cui capitolo finale è stato registrato ieri con la decisione del Tribunale amministrativo. Nell’articolo “Il giudice ordina il voto alla giunta imbullonata”, l’inviato speciale del Corsera fa il riassunto della «telenovela» portata avanti dai politici calabresi. «Prima puntata: il 27 marzo Giuseppe Scopelliti è condannato a sei anni di carcere per reati commessi quando era sindaco di Reggio e viene autonomamente sospeso per la legge Severino da presidente della giunta. Seconda puntata: per un mese abbondante non succede niente. Solo melina. Terza puntata: il 29 aprile, finalmente, il governatore si dimette. Quarta puntata: per l’intero mese di maggio il consiglio regionale finge di non sapere della condanna e delle dimissioni mentre il presidente dell’assemblea, Francesco Talarico, assicura che “nessun consigliere è abbarbicato alla poltrona” ma la legge “prevede che i Consigli rimangono comunque in carica”. Quinta puntata: il 3 giugno, nove settimane dopo la condanna, il consiglio regionale viene informato (che fretta c’era mai?) di quanto è successo. Sesta puntata: scioccata dalla catastrofe elettorale alle Europee, dove ha perso 400mila voti rispetto alle Regionali del 2000 riducendosi al consenso di un calabrese su sette, la maggioranza di destra sceglie di guadagnar tempo. E vota, manco fosse nella pienezza dei poteri, l’introduzione dei “consiglieri supplenti” destinati a prendere il posto di quelli nominati assessori e una nuova legge elettorale con una mostruosa soglia minima del 15% per chi non fa parte di una coalizione. Una specie di “Porcellum di Troia” escogitato apposta, secondo i più maliziosi conoscitori delle furbizie levantine, per essere impugnato dal governo e finire davanti alla Corte costituzionale. Col conseguente guadagno di altre settimane o mesi».
Stella individua i tre presunti obiettivi della politica regionale: «Non votare nella scia della condanna di Scopelliti e della stangata elettorale europea, tener duro accumulando più anzianità contributiva possibile data l’abolizione già decisa dei vitalizi a partire dalla prossima legislatura ma più ancora gestire una serie di nomine di sottogoverno (poi bocciate dall’avvocato dello Stato e dal ministero della Salute, ad esempio) e l’avvio del processo decisionale sui nuovi bandi europei 2014-2020, occasione forse irripetibile per ammiccare ai potenziali elettori facendo loro intravedere la possibilità di appalti, contributi, consulenze…».
Verrebbe da chiedersi cosa fa la sinistra. Risponde Stella: sta muta, o quasi, «non tanto o non solo per qualche inconfessabile accordicchio con la destra ma perché, spaccatissimo, il Pd non era proprio in condizioni di lanciare un candidato vincente che mettesse d’accordo tutti». Il risultato è un galleggiamento di settimane, mesi. «Finché il 18 luglio l’avvocato Gianluigi Pellegrino, a nome del Movimento per la difesa del cittadino, che già aveva vinto una battaglia simile per le elezioni nel Lazio dopo le dimissioni di Renata Polverini anche lì seguite da mesi di paralisi attendista, non aveva presentato un ricorso al Tar chiedendo immediata convocazione dei comizi elettorali».
Ieri, la sentenza del Tar, «che ricorda – continua il cronista del Corriere della Sera – come la Corte costituzionale, a dispetto di quanto sostenuto dai furbetti e dai teorici del rinvio, avesse già stabilito nel giugno 2013 a proposito del voto in Abruzzo che le elezioni in questi casi devono proprio “avere luogo” e non semplicemente essere indette entro “tre mesi” dalla caduta della giunta. Come è possibile, dunque, tirare in lungo per cinque o sei? Basta: “entro 10 giorni” queste benedette elezioni devono essere convocate. Fine del tormentone». Ovviamente sempre che chi non vuole andare al voto «non si faccia venire qualche altra pensata…».

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