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Nomine in sanità, un po’ di chiarezza

Direttori generali di Asp e aziende ospedaliere: nomine si, nomine no. È l’argomento che affascina il pubblico e che mantiene sulla graticola dell’incertezza i potenziali designati, che hanno pront…

Pubblicato il: 05/09/2014 – 13:12

Direttori generali di Asp e aziende ospedaliere: nomine si, nomine no. È l’argomento che affascina il pubblico e che mantiene sulla graticola dell’incertezza i potenziali designati, che hanno pronto l’abito nuovo con il quale fare (spesso per alcuni) il riesordio nel posto di comando, nonostante i flop di bilancio collezionati nei loro curricula,che dovrebbero fare invero il dovuto discrimine negativo. Al riguardo, tante le opinioni e i pareri. Quasi tutti eccepibili, tranne quello adottato dal dipartimento Organizzazione e personale che pare ben strutturato e motivato. Quanto all’ultimo parere reso dall’avvocatura distrettuale dello Stato è da condividersi tranne che per una affermazione, che tuttavia induce ad affrontare erroneamente la problematica sottoposta al suo esame. La contraddizione riguarda la non compatibilità dichiarata dall’Avvocatura distrettuale tra quanto affermato legislativamente in tema di esercizio della Giunta regionale dimissionaria – riguardante il potere di adottare esclusivamente gli atti di ordinaria amministrazione nonché quelli urgenti e indifferibili, con specifica indicazione dei motivi che caratterizzano l’urgenza e la indifferibilità – e il potere di nominare i commissari straordinari da preporre temporaneamente alla gestione delle aziende della salute, divenute sprovviste di organo gestorio. Non è così. Ciò in quanto alla giunta regionale rimane l’obbligo di provvedere – tenuto conto della naturale indifferibilità e l’urgenza di assicurare la presenza dell’organo di vertice aziendale preposto alla mission di rendere esigibili i Lea alla collettività – alla nomina di commissari straordinari a tempo determinato, sì da preporre alle aziende della salute il soggetto gestore cui affidare, in attesa del perfezionamento delle nomine dei direttori generali, i corretti adempimenti istituzionali indispensabili per la tutela della salute dei cittadini, altrimenti a rischio, ma soprattutto il conseguimento vigilato del rientro sotto l’egida dell’ente regionale tenuto all’adempimento caratteristico. Un adempimento, questo, nei confronti del quale i coadiutori dei direttori generali decaduti (direttori amministrativi e sanitari) non hanno assunto un obbligo specifico, essendo fiduciari di questi ultimi e non già dell’organo governativo tenuto al conseguimento dell’obiettivo complessivo del ripianamento. Una condizione di diritto che anche il Ministero avrebbe dovuto sapere e che, invece, ha stranamente contraddetto, forse per farsi perdonare il perdurare della mancata nomina del commissario governativo. A proposito di sanità precaria, sorge un’altra perplessità. Se dovessimo chiedere ad un cittadino campano, abruzzese, molisano e laziale il nome del sub commissario, tutti risponderebbero picche. Qui in Calabria no. I nomi dei sub commissari (si perché la ricca Calabria è l’unica ad averne due!) rappresentano l’argomento del giorno. Non solo. Costituiscono l’anima del dibattito della sanità che non c’è, dal momento che rilasciano dichiarazioni ufficiali, sono quotidianamente destinatari di note della politica, partecipano a riunioni per “salvare” non si sa neppure chi e via dicendo. Accade questo, ma sono in pochi a capire cosa c’azzeccano con le decisioni che la Calabria deve assumere in relazione ad una sanità che non va, orfana incomprensibile del commissario governativo per il piano di rientro. Allo stesso modo non si comprende l’esistenza funzionale dell’ufficio di commissariamento al quale non può essere riconosciuta alcuna rilevanza esterna, così come invece sta avvenendo. Ciò ovviamente in una situazione di normalità. Immaginiamo nella vacatio della relativa designazione da parte del governo del commissario ad acta. Ai sub commissari (che per rimanere tali dovrebbero essere anche formalmente confermati a seguito della nomina del nuovo organo superiore) compete, infatti, l’esercizio di funzioni limitato ai compiti collaborativi per soddisfare le esigenze di supporto utili al commissario titolare, specificatamente indicati nel relativo provvedimento che (allora) ne ha motivato la nomina. Niente di più, quindi. Una condizione di diritto che dovrebbe consigliare ai preposti meno sortite indebite e spesso anche inopportune, delle quali si potrebbe anche pagare in termini di responsabilità relative.  

 

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