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Padre Fedele, si torna in appello

COSENZA La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la condanna di Padre Fedele Bisceglia, imputato assieme al suo segretario Antonio Gaudio. I due erano già stati condannati, in primo e secondo…

Pubblicato il: 17/09/2014 – 23:58
Padre Fedele, si torna in appello

COSENZA La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la condanna di Padre Fedele Bisceglia, imputato assieme al suo segretario Antonio Gaudio. I due erano già stati condannati, in primo e secondo grado, per violenza sessuale ai danni di una suora: 9 anni e 3 mesi per il religioso e 6 anni e 3 mesi per Gaudio. Il verdetto è arrivato, in nottata, dopo nove ore di camera di consiglio.
Gli ermellini hanno deciso per padre Fedele annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro. Per Gaudio, invece, “prescrizione per il capo N ed eliminazione di un mese di reclusione. Annullamento limitatamente al capo C e per la determinazione della pena anche in ordine al capo L. E rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro”. La Suprema Corte ha poi rigettato tutte le altre istanze. 

Alla vigilia della sentenza della Cassazione le agenzie di stampa hanno diffuso la notizia dell’indagine a carico del sostituto procuratore della Repubblica Claudio Curreli e del giudice delle indagini preliminari del Tribunale bruzio Francesco Branda. Entrambi risultano iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Salerno dopo una denuncia presentata da padre Fedele.

 

 
DALL’ARRESTO ALLA CONDANNA IN PRIMO GRADO
La bufera giudiziaria si è abbattuta sul «monaco» – come tutti chiamano a Cosenza l’ex frate ultrà – il 23 gennaio del 2006 quando venne arrestato assieme a Gaudio dagli agenti della squadra mobile della città dei Bruzi perché una religiosa delle Francescane dei poveri accusò i due di averla violentata per cinque volte nell’Oasi francescana, la struttura d’accoglienza fondata dal religioso. Nel frattempo l’ex frate viene sospeso a divinis e non appartiene più al suo Ordine. Nel gennaio del 2008 il gup del Tribunale bruzio, Livio Cristofano, rinvia a giudizio il sacerdote e Gaudio. Due mesi dopo, l’11 marzo, inizia il processo. Il collegio giudicante decide di seguire la linea della riservatezza, come avviene nei casi di violenza sessuale: dibattimento a porte chiuse. Un processo complesso e dunque difficile da seguire. Dopo innumerevoli udienze fiume, una marea di testimonianze e consulenze – il processo di primo grado è durato tre anni –, i giudici condannano padre Fedele a nove anni e tre mesi di reclusione e Gaudio a sei anni e tre mesi perché – come si leggerà poi nelle motivazioni della sentenza – la ricostruzione della suora «è priva di contraddizioni e salti logici ed espone con coerenza, logicità e lucidità tutti gli episodi cristallizzati nei diversi capi di imputazione». 
 
LA CONFERMA DELL’APPELLO 
La seconda fase inizia nell’ottobre dello scorso anno con il processo d’appello. Il collegio difensivo deposita una corposa memoria di 289 pagine in cui si rileva «la scarsa attendibilità della denunciante che l’ha vista coinvolta, nelle more di questo processo, in ben altri tre episodi di violenza sessuale ad opera di ignoti». Ma nessun dubbio sull’attendibilità della suora viene sollevato dal sostituto procuratore generale Raffaella Sforza che ha chiesto alla Corte di appello di Catanzaro di confermare la sentenza emessa in primo grado. E così è andata. In tutto questo tempo padre Fedele – che ha partecipato a ogni udienza dei due processi con il Rosario in mano – si è sempre dichiarato innocente, definendosi vittima di un complotto. 
Continua, quindi, la vicenda giudiziaria che è stata lunga e complessa e che ha avuto anche una forte eco mediatica.
 
IL LEGALE
«Siamo ampiamente soddisfatti da questo verdetto e riprende la nostra fiducia nella giustizia, che in questa vicenda era andata perduta». Questo il commento dell’avvocato Eugenio Bisceglia, lontano parente e difensore di padre Fedele, dopo il verdetto della Cassazione. «Finalmente per padre Fedele la Cassazione ha applicato le norme del diritto che in questo processo non sono mai state rispettate», aggiunge il legale.
 
Mirella Molinaro

 

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