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«La frana sull'A3 si poteva evitare»

COSENZA «Tragedia evitabilissima. Non ci sono dubbi sulle responsabilità penali». Non si è trattato di una disgrazia causata da un evento eccezionale. È questa la tesi che la Procura di Cosenza ha …

Pubblicato il: 18/09/2014 – 16:42
«La frana sull'A3 si poteva evitare»

COSENZA «Tragedia evitabilissima. Non ci sono dubbi sulle responsabilità penali». Non si è trattato di una disgrazia causata da un evento eccezionale. È questa la tesi che la Procura di Cosenza ha sostenuto nel corso della requisitoria del processo sulla frana killer della A3, nella quale il 25 gennaio del 2009 – nel tratto compreso tra gli svincoli di Altilia e Rogliano – persero la vita due persone e altre cinque rimasero ferite. Nell’inchiesta sono finiti funzionari dell’Anas, costruttori e ingegneri coinvolti nei lavori della A3, tutti indagati – a vario titolo – di disastro, frana colposa e omicidio colposo plurimo. Il pubblico ministero Antonio Bruno Tridico, nell’aula 9 del Tribunale bruzio, ha chiesto la condanna a cinque anni di carcere per tutti gli altri imputati e l’assoluzione per non aver commesso il fatto per Luigi Oliva (78 anni), di Napoli, ex ingegnere capo dell’Anas, ed Eugenio Bevacqua (54), addetto all’ufficio tecnico del Comune di Altilia. La condanna è stata chiesta per Giuseppe Cavaliere (56 anni) di Lamezia; Angelo Gemelli (45 anni) di Laurignano, responsabile del Centro manutenzione Anas di Cosenza; Bernardino Cipolloni (84 anni) di Roma, direttore dei lavori; Nicola Megale (48 anni) di Maratea e Josè Librandi (44) di Rossano, direttore dei lavori e capo reparto del posto di manutenzione dell’Anas. Nell’inchiesta era indagato anche Cesare Cosentini, che è deceduto. Il pm ha ricostruito quanto accaduto quella sera, in particolare alla luce delle testimonianze delle persone sopravvissute e delle consulenze dei periti. Poco dopo le 22 di quella maledetta domenica una coltre di fango e detriti travolse senza lasciare scampo il catanzarese Danilo Orlando, all’epoca 27enne da poco laureato in Scienze dell’amministrazione all’università “Magna Grecia”, e Nicola Pariano, 59 anni, dipendente dell’Enel e originario del Crotonese, ma da tempo residente nel capoluogo. I due viaggiavano su un furgoncino assieme ad altre persone: facevano parte di una squadra aziendale amatoriale che tornava da un memorial disputato a Terni. All’improvviso – hanno raccontato i superstiti – si è sentito un fortissimo boato e poi il fango ha ricoperto tutto: decine di alberi e detriti hanno travolto il furgoncino in transito. Una tragedia che solo per una pura fatalità non ha assunto dimensioni maggiori (le vittime potevano essere di più). Il pm ha ribadito, più volte, come l’Anas «non abbia mai fornito un atto che evidenziasse qualsiasi anomalia. Due giorni dopo la tragedia si è verificata un’altra frana esattamente in quella zona ma per fortuna in quel momento non passava nessuno. Eppure, nessuno è mai venuto da noi per dirci questo o per evidenziare, anche in passato, caduta di massi o detriti. L’unico è stato il sindaco di Altilia che in data 16 gennaio 2009 scrisse all’Anas per rimuovere del materiale che poteva rappresentare un ostacolo e chiese un sopralluogo». L’udienza è proseguita con gli interventi di alcuni dei legali delle parti civili che hanno tutti chiesto la condanna degli imputati. In particolare, per il legale della famiglia di Danilo Orlando «è necessario fare luce su quanto accaduto perché la morte di Danilo ha dei responsabili. Non dimentichiamo che è avvenuta sulla A3». Nell’ultima udienza il geologo Parlato, consulente nominato dall’Anas nell’imminenza della tragedia per accertare quanto accaduto, ai giudici del tribunale bruzio ha riferito che si è trattato di piogge «eccezionali». Cioè: la collinetta è franata a causa delle forti e frequenti piogge che in quei giorni avevano interessato un po’ tutta la Calabria. Una tesi nella quale non crede la pubblica accusa, perché i temporali non possono essere considerati eventi eccezionali e quindi – come è stato più volte ribadito in tribunale – l’Anas sapeva perfettamente che quella zona era a rischio frane. E quel muro di contenimento non sarebbe stato in grado di reggere la montagna. Tant’è – sostiene l’impianto accusatorio – che dopo la frana killer si è corso ai ripari e in quel tratto è stata collocata una barriera metallica. Per la Procura quella domenica del 25 gennaio di quattro anni fa è accaduta una tragedia evitabilissima. Il processo, ormai alla conclusione, vuole fare luce sulle eventuali responsabilità che si celano dietro la morte di Danilo e Nicola. Spetterà alla Corte – presieduta dal giudice Alfredo Cosenza – stabilire se siano state la scarsa manutenzione e negligenze a causare la frana killer o se si sia trattato di un evento eccezionale. Il processo è stato rinviato al prossimo 29 settembre per le arringhe delle difese.

 

Mirella Molinaro

m.molinaro@corrierecal.it

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