REGGIO CALABRIA Sono una vera e propria radiografia, dettagliata, minuziosa delle dinamiche – anche burrascose – tutte interne alla cosca Ficara e alla sua biforcazione in due distinti contesti associativi – il primo riconducibile a Giuseppe Ficara, Carmelo Riggio e Claudio Candeloro Ficara, il secondo dominato dai fratelli di quest’ultimo, Giovanni e Domenico Ficara – le motivazioni redatte dal collegio presieduto da Andrea Esposito a sostegno della sentenza che ha chiuso il primo grado del processo “Reggio Sud”.
IL CLAN BIFRONTE
Una pronuncia complessa quella del marzo scorso, che se ha fatto registrare assoluzioni anche pesanti come quelle di Stefano Sapone, Antonino Campolo e Leonardo Bruno, ha visto tenere il primo capo di imputazione con cui il pm Stefano Musolino ha fotografato le complesse dinamiche evolutive del clan, letteralmente spaccato in due da dissidi familiari insormontabili. Un dato riscontrabile non solo geograficamente – Claudio Candeloro Ficara e Riggio imponevano il proprio dominio su Pellaro, i suoi fratelli su Ravagnese – Saracinello – ma anche nella determinazione con cui le due fazioni hanno fatto di tutto anche per liquidare rapidamente gli affari in comune. È quanto successo ad esempio con il consorzio C. T. R., del quale facevano parte tanto le imprese di trasporto riconducibili a Giovanni e Domenico Ficara, come quelle riferibili al fratello Claudio Candeloro e al suo braccio destro, Carmelo Riggio. La rappresentazione plastica di un conflitto insanabile per gli inquirenti, obbligati tuttavia a constatare come la spaccatura non avesse modificato in nulla la capacità di oppressione dei clan sul territorio di loro competenza. Una sorta di “baronia” esercitata non solo sulle attività economiche, ma su tutti gli aspetti della vita politica e sociale della comunità.
IL GRUPPO FICARA A REGGIO E LA COSTRUZIONE DELL’AUTORITÀ
Scrive infatti il giudice nel descrivere il gruppo criminale Ficara- Riggio «gli appartenenti a questo gruppo criminale, il “locale”, cercavano di frapporsi tra i cittadini e le istituzioni in modo da auto referenziarsi e aumentare la loro considerazione, spesso invitando le vittime di reati a non sporgere denuncia, agevolando commercianti nel garantire loro di essere oggetto di reati da parte di delinquenti vari; facendo rimettere querele o comunque non sporte denunce; aiutando il cittadino a recuperare, col cosiddetto “cavallo di ritorno”, l’autovettura rubata dalla comunità nomade di Reggio Calabria, e nel caso dell’aggressione in danno di Foti Fabio, come si vedrà più avanti, ponendosi proprio a disposizione del cittadino in difficoltà». Quello dei Ficara – sottolineano i giudici – era un dominio assoluto, finalizzato «non solo al perseguimento di uno scopo di lucro nei singoli episodi di controllo del territorio e nell’ambito di un particolare settore commerciale, economico-commerciale, quale quello dei trasporti, ma anche all’accrescimento della considerazione che la cittadinanza aveva nei loro confronti, con conseguente aumento del timore della cittadinanza di sporgere denuncia, anche contro di loro in certi casi».
I SIGNORI DELLA LOGISTICA CHE PUNTANO SU EXPO
Non meno feroce era il dominio che il gruppo criminale guidato da Giovanni Ficara imponeva sulla periferia sud di Reggio Calabria, dove non c’era attività economica – dall’edilizia alla logistica, dalle forniture di serramenti alle frodi finanziarie ed assicurative – verso cui il clan non mostrasse interesse. «Il campo di azione del sodalizio diretto dal Ficara Giovanni appare incentrato sul controllo delle attività economiche, ed in particolar modo nei trasporti e nella logistica». Proprio in questo settore, il clan era riuscito a infiltrarsi nella nota ditta di trasporto Bartolini tramite la ditta Eco Rigen 2000. Un’infiltrazione divenuta colonizzazione. «Le numerose intercettazioni captate – si legge nelle motivazioni – permettevano di accertare che sulla Bartolini vi era un controllo totale da parte delle cosche presenti nel territorio». Ma il gruppo criminale guidato da Giovanni Ficara – «ben più articolato del primo», non esitano a mettere nero su bianco i giudici – era stato in grado di estendere i propri interessi anche al di là della citta e della provincia reggina, estendendo i propri tentacoli fino a Milano, dove «si ritiene operare una vera e propria filiale del sodalizio reggino». Una filiale che si preparava con largo anticipo e serrata programmazione all’appuntamento che tutti i clan da tempo stanno aspettando: la grande torta di appalti di Expo 2015.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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