CATANZARO È l’ultima conferenza stampa della sua vita, dice così Agazio Loiero. L’ex presidente della Regione ribadisce anche oggi l’intenzione di non avere più alcun incarico pubblico, di non ricandidarsi più. Adesso è solo il tempo dei bilanci, di rimettere in circolo una verità troppo spesso perduta nel vortice di quell’«incontinenza verbale» che ha contraddistinto il vivere politico, di cui il campione indiscusso sembra proprio il suo successore a Palazzo Alemanni. Loiero non nomina mai Peppe Scopelliti, ma il suo “commiato” dalle scene istituzionali calabresi pare una lettera – appassionata, decisa, ma mai rancorosa – all’uomo che in questi anni non ha perso occasione di attaccarlo a ogni piè sospinto. Il leader di Autonomia e diritti usa il fioretto, più che la sciabola. E riannoda i fili di una storia raccontata male, dei suoi anni a capo della Regione, dei suoi successi, senza dimenticare anche le carenze e i passi falsi. Ma c’è anche spazio per temi più attuali. Tipo le prossime Regionali. Perché l’ex governatore non si candida più, ma non smetterà di fare politica.
IL FUTURO DI AD «Presenterò una lista che supererà ampiamente il 4%», dice Loiero, che annuncia la volontà di non ricandidare i consiglieri uscenti (prima del loro passaggio ad altri lidi erano 4). Ma l’ex presidente è stato uno dei fondatori del Pd nazionale, e non può sottrarsi a una domanda sulle primarie calabresi. «Il mio gruppo non ha ancora deciso chi appoggiare tra Callipo e Oliverio. Presto prenderemo una posizione». Non si sbilancia sulle preferenze personali: «Sia Callipo sia Oliverio rispondono a esigenze diverse della Calabria», ma il suo sogno sarebbe «che le primarie non ci fossero. È da più di un anno che alimentano polemiche. Una regione come la Calabria ha davvero bisogno di questo?». Una cosa gli pare sicura: «Chiunque le vincerà, vincerà pure le elezioni».
LE NOMINE Il salto nel passato parte dal presente, da quelle nomine dei manager sanitari operata alla giunta regionale che hanno provocato la ferma reazione dei ministeri. Loiero ha una sua interpretazione: «È come se la Calabria fosse sciolta dalla legge, come fosse un’enclave anarchica. Sono azioni scandalose. Io non le avrei fatte». Poi la chiosa tagliente: «Credo che non le avrebbe fatte nessuno, nemmeno Scopelliti, almeno direttamente. Infatti le ha fatte fare a qualcun altro…».
LA CITTADELLA Ma a scuotere l’ex governatore sono soprattutto le vicende della Cittadella regionale. Ieri l’ultimo sopralluogo della presidente Stasi e dell’assessore Gentile. Loiero non è stato invitato, lui che rivendica fortemente almeno una parte del merito nella realizzazione della “città degli uffici”, dove saranno ospitate tutte le strutture della Regione Calabria. «Non tutti coltivano la memoria», aggiunge l’ex presidente, per cui la politica resta sempre un confronto tra «partigiani amici». Ma la locuzione machiavelliana, anche questa, il centrodestra l’ha dimenticata. E allora ci pensa Loiero a rinfrescare i ricordi, a spiegare «quella corsa contro il tempo» del 2005, poco tempo dopo la sua elezione, quando fece di tutto per evitare di perdere le risorse stanziate dal Cipe. E ancora: la scelta della piana di Germaneto, nell’ottica di un progetto «armonioso»; la lotta contro gli «interessi privati» di quelli che avevano tutte le convenienze a che la Regione continuasse a spendere «14 miliardi di vecchie lire all’anno per i fitti»; i ritardi all’opera dovuti ai reperti archeologici riportati alla luce dagli scavi e il successivo slittamento di due anni. Ora la Cittadella, come annunciato dalla Stasi, è pronta quasi al 100%. «La mia giunta – aggiunge – ha consegnato 9 piani sulle ali e 11 sul corpo centrale. Do atto che dopo i lavori sono continuati, ma si potevano forse bloccare? Non avevano altra via, dovevano continuarli per forza».
LA SUA GIUNTA La differenza sostanziale – a sentire l’ex governatore – sta nelle diverse filosofie adottate dagli ultimi due governi regionali. Laddove Scopelliti avrebbe, nella scelta di manager e collaboratori, privilegiato «l’appartenenza», Loiero la competenza e il merito. «Non voglio imperversare sugli sconfitti – dice –, ma un bilancio è doveroso per i calabresi. I dipartimenti sono stati occupati manu militare, le assunzioni hanno seguito la strada della fedeltà e non della competenza. I fondi europei sono stati un disastro. Immani i danni creati alla Regione. Andiamo al fondo senza mai toccarlo. Questa giunta ha creato una classe di gerarchi e di adulatori, che avevano il compito di nominare continuamente il capo».
Anche dopo la condanna di Scopelliti nel processo Fallara, che ha provocato la sospensione dall’incarico e le sue dimissioni, «hanno voluto dare l’impressione che tutto continuasse come prima, dando l’idea di una semplice cessione a tempo del potere alla Stasi. Da noi lo Stato appartiene al principe, non il contrario. Il risultato è che della Calabria, in Italia, si parla sempre meno». E, alla fine, non è chiaro se in ballo ci sia il “commiato” di un uomo politico o di un’intera regione.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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