VIBO VALENTIA Rimarrà candidato per le elezioni provinciali ma non potrà votare, né per se stesso né per gli altri. È la situazione in cui si trova, da questa mattina, Salvatore Vallone, ormai ex consigliere comunale di Mileto inserito, per le consultazioni di secondo livello del prossimo 28 settembre, nella lista targata “Pd-amministratori vibonesi indipendenti”, con Sergio Rizzo (sindaco di Maierato) candidato alla presidenza della Provincia di Vibo. Nella seduta odierna del consiglio comunale miletese, infatti, è stata sancita la decadenza di Vallone da consigliere alla luce della «sentenza definitiva di incandidabilità» a suo carico conseguente allo scioglimento per infiltrazioni mafiose dell’amministrazione comunale di cui faceva parte. La conseguenza – sulla scorta delle direttive ministeriali già emanate in casi analoghi – è che Vallone rimarrà candidato, perché le liste sono ormai immodificabili, ma non essendo più consigliere comunale perderà il diritto di essere parte del corpo elettorale, che in questo caso è composto da sindaci e consiglieri comunali dell’intera provincia. Stesso discorso per un altro consigliere miletese dichiarato decaduto oggi, Vincenzo Nicolaci, che perde il diritto di elettorato attivo per il prossimo 28 settembre. Al posto di Vallone e Nicolaci sono entrati in consiglio comunale – e quindi hanno acquisito il diritto a votare – Francesca Bartone e Francesco Attilio Schimmenti.
Vallone, dopo lo scioglimento, è stato poi rieletto nella lista guidata dall’attuale sindaco Domenico Antonio Crupi (area Renzi), ma nel frattempo nei suoi confronti sono intervenute le sentenze di primo e secondo grado che, secondo l’orientamento dell’Avvocatura dello Stato e della Prefettura, sarebbero ormai passate in giudicato. Un punto su cui non convergono i legali di Vallone, che sostengono come in virtù della mancata notifica della sentenza di secondo grado ci sarebbero ancora i termini per ricorrere in Cassazione e già annunciano di volersi appellare al Tar. Tra l’altro, una sua eventuale elezione probabilmente non verrebbe ratificata dall’ufficio elettorale della Provincia, che invece procederebbe a far entrare in Consiglio il candidato della sua lista che, in termini di di voti, viene dopo di lui.
Una situazione paradossale, generata da una “riforma” che, a queste latitudini, più che tagli alla spesa, ha prodotto scenari kafkiani, trasversalismi discutibili e candidature impresentabili.
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it
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