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I Comitati per Oliverio: «Callipo è il clone di Scopelliti»

Gianluca Callipo avrebbe «condotto» l’area renziana del Pd di Vibo Valentia «a un accordo con gli amici di Scopelliti per ottenere in cambio della elezione del presidente della Provincia l’appoggio…

Pubblicato il: 29/09/2014 – 17:29
I Comitati per Oliverio: «Callipo è il clone di Scopelliti»

Gianluca Callipo avrebbe «condotto» l’area renziana del Pd di Vibo Valentia «a un accordo con gli amici di Scopelliti per ottenere in cambio della elezione del presidente della Provincia l’appoggio di ben individuati settori del centrodestra alle primarie per il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione». È l’accusa rivolta al sindaco di Pizzo dal Coordinamento regionale dei comitati “Oliverio presidente”. Secondo quanto si legge in una nota, l’atteggiamento di Callipo sarebbe «una prova tanto disinvolta quanto inquietante di trasversalismo, ancor più perché questo inciucio oltre che produrre devastanti effetti politici, espone l’ente provinciale a rischi di pericolosi inquinamenti e condizionamenti». L’alleanza tra una parte del Pd e alcuni partiti del centrodestra sarebbe «un inciucio criminogeno in una delle province a più alta densità mafiosa. Callipo – proseguono i supporter di Oliverio – lo ha promosso e poi sostenuto sia come candidato alle primarie regionali che come sindaco di Pizzo Calabro che domenica ha depositato nell’urna il suo voto a favore del sindaco di Briatico. Se il rinnovamento di cui dovrà avvalersi la Calabria dovesse essere questo, si dovrà dire che per davvero per la nostra Regione al peggio non ci sarà fine. Infatti pratiche di questo tipo inducono a dire che Callipo non sarebbe il clone di Renzi ma esattamente quello di Scopelliti. E la Calabria – è la conclusione – ha bisogno, invece, di affidabilità e credibilità».
Dello stesso tenore le dichiarazioni dei sostenitori vibonesi di Oliverio. «Il Pd, pur in una situazione obiettivamente difficile, anche grazie al prezioso apporto degli indipendenti scesi in campo nella chiarezza con noi, raggiunge una ragguardevole percentuale del 31% del voto ponderato. Inutile nascondere che già ai nastri di partenza, per via della complessità del meccanismo elettorale, era ampiamente prevedibile che il Pd non avrebbe potuto ottenere la vittoria della competizione. Eppure i numeri nella loro plasticità dimostrano più di qualcosa». È quanto afferma in una nota Michele Mirabello, segretario provinciale del Pd vibonese.
«Intanto – argomenta Mirabello – la percentuale di cui si è detto, se affiancata alla percentuale verosimilmente ben superiore al 10% con cui l’area che fa capo a De Nisi ha contribuito all’elezione di Niglia alla carica di presidente, dimostra che il Pd da solo, senza inventarsi alchimie, avrebbe avuto ampiamente i numeri per vincere le elezioni, senza la necessità di avventurarsi in scelte incomprensibili. Peraltro, proprio a causa delle vicende che hanno portato alla conclusione anticipata della precedente legislatura, avremmo avuto un grande obbligo morale verso i vibonesi. Quello di riscattarci e riscattare questo territorio».
Per queste ragioni Mirabello si chiede «a chi e a cosa è servito lo strappo prodotto da coloro i quali hanno scelto di abbandonare il tavolo del Pd e di ingrossare le fila del centrodestra, consegnando di fatto per la prima volta nella storia, la provincia a Forza Italia e a Fratelli d’Italia». L’operazione a cui si riferisce «appare ancor più incomprensibile se solo si volesse guardare il modo e i termini con cui il centrodestra regionale e provinciale si è intestato la vittoria. Si sono inseguiti – aggiunge il segretario provinciale – comunicati della Santelli, festose fotografie che ritraggono Salerno, Niglia, D’Agostino, Bevilacqua, purtroppo in compagnia di Francesco De Nisi».
«Inutile» dunque, secondo Mirabello, «illudersi che queste vicende e questo strappo possano passare inosservati. Ci aspettano appuntamenti elettorali in cui il rischio è che, oltre ai protagonisti di queste vicende, le conseguenze rischia di subirle e pagarle il Partito democratico. Il sospetto che una parte del partito, per mere ripicche e rivalità personali, sia caduto nel tranello clamoroso che è stato teso dai nostri avversari di sempre Salerno e D’Agostino appare più che fondato».

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