ROMA Giorgio Napolitano venne indagato dalla procura di Napoli per Tangentopoli ma nessuno ne ha saputo mai nulla perché il nome dell’attuale capo dello Stato, che all’epoca era presidente della Camera venne secretato con atto straordinario e messo in cassaforte.
A rivelarlo è stato Luigi de Magistris deponendo davanti al Tribunale di Roma nel processo che lo ha visto condannato, in primo grado, ad un anno e sei mesi di reclusione per abuso d’ufficio.
La circostanza emerge dagli atti del tribunale di Roma e precisamente dalla deposizione resa da Luigi de Magistris nel corso dell’udienza del 9 maggio scorso. Rispondendo alle domande dell’avvocato De Masi, difensore di parte civile, che poneva dubbi sulla procedura utilizzata da De Magistris per iscrivere al registro degli indagati l’ex parlamentare Giancarlo Pittelli, senza darne alcuna delle comunicazioni previste dalla procedura, de Magistris ha detto di aver ripercorso analoga procedura usata dai colleghi di Napoli.
Data la delicatezza della questione è bene riportare letteralmente quanto dichiarato da Luigi de Magistris ai giudici del tribunale di Roma: «Perché lo avevo secretato, siccome avevo elementi per ritenere collegamenti strettissimi tra gli altri di Pittelli con il procuratore della Repubblica, tanto è vero da fare una società col figlio del procuratore, ritenni di secretare. Atto sicuramente forte, mi sono posto il problema se potessi secretarlo, mi sono anche consultato, c’era stato un precedente alla procura della Repubblica di Napoli dove il mio magistrato affidatario, il dottore Cantelmo oggi procuratore della Repubblica e un altro magistrato oggi componente d’esame, Quatrano, mi dissero che anche loro durante l’inchiesta di Tangentopoli procedettero a secretare un’iscrizione, in particolare quella dell’allora presidente della Camera, Giorgio Napolitano e secretarono per evitare che ci potesse stare una fuga di notizie».
Nel corso della deposizione, dopo la clamorosa rivelazione, de Magistris spiegherà di aver secretato l’iscrizione di Pittelli per «salvaguardare l’indagine, non far venire fuori una notizia e infatti in quel caso non è venuta fuori la notizia».
Il che ha provocato la reazione dei difensori di parte civile dell’ex premier Romano Prodi e dell’ex ministro Guardasigilli Clemente Mastella, la cui iscrizione al registro degli indagati non solo non venne secretata ma venne addirittura anticipata rispettivamente dal settimanale Panorama e dal quotidiano Libero, portando alla caduta del governo Prodi.
pa. po.
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