COSENZA «I tentativi di contaminare il voto alle elezioni provinciali con affermazioni prive di ogni fondamento rappresentano purtroppo uno spaccato di un sistema di potere che tenta con ogni mezzo di conquistare il consenso». Ad affermarlo è Luciano Vigna, vicesindaco e assessore al Bilancio del Comune di Cosenza.
«Accostare la sospensione del sindaco di Reggio Calabria, legata allo scioglimento per infiltrazioni mafiose, alla situazione finanziaria del Comune di Cosenza – prosegue Vigna – significa diffondere assolute falsità. È bene, pertanto, chiarire le possibili conseguenze del diniego del piano di riequilibrio del nostro ente da parte delle Corte dei conti. Innanzitutto ricordo che vi saranno altri gradi di giudizio e valutazioni che, come nel caso dei comuni di Napoli e Reggio Calabria, hanno successivamente approvato i piani di riequilibrio. Altro elemento sul quale è fondamentale fornire un chiarimento – precisa ancora il vicesindaco – riguarda le responsabilità degli amministratori in caso di dissesto. Il comma 5 dell’articolo 248 del Tuel è estremamente chiaro in quanto evidenzia responsabilità nel caso gli amministratori abbiano determinato danni cagionati con dolo o colpa grave. Nella sostanza, tale ipotesi si configura solo nel caso in cui la Corte dei conti accerti, attraverso un apposito procedimento, che il dissesto è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l’amministratore è stato riconosciuto responsabile. A chi insinua responsabilità dell’amministrazione guidata dal sindaco Occhiuto, evito di ricordare – è la conclusione di Vigna – che il piano aveva e ha come obiettivo il riequilibrio del default dichiarato dalla Corte dei conti al 31 dicembre 2010. Rivendichiamo invece, con forza, il senso di responsabilità grazie al quale abbiamo pagato 130 milioni di debiti ereditati dalle precedenti amministrazioni, stralciato 70 milioni di crediti fasulli e trovato copertura ad un ulteriore buco di 30 milioni. Ai “don Rodrigo”2 della politica e a qualche novello prestanome si chiede almeno un minimo di decenza».
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