REGGIO CALABRIA È una conferma delle condanne rimediate in primo grado dagli imputati che hanno scelto l’abbreviato nel procedimento “Affari di famiglia”, quella chiesta dal sostituto procuratore generale Adornato al termine della sua requisitoria di fronte alla Corte d’appello di Reggio. Accogliendo in pieno la decisione del gup Carlo Indellicati, il sostituto pg Adornato ha chiesto alla Corte di confermare la condanna a sei anni e otto mesi inflitta a Filippo Fontana per associazione mafiosa e tentata estorsione, come quella di due anni e otto mesi rimediata da Giovanni Gullì, in primo grado riconosciuto colpevole solo di tentata estorsione. Per l’accusa, entrambi sono a vario titolo coinvolti nel giro di estorsioni imposte dai clan nei cantieri della statale 106. Stando alle risultanze investigative, c’erano anche loro fra i soggetti pizzicati a impore alla ditta catanese Cogip spa il pagamento dell’ormai nota “tassa di sicurezza”, il dazio pari al 4% del valore dell’appalto che i clan pretendono da chiunque si azzardi ad aprire un cantiere nella “loro” zona. E quando sul medesimo fazzoletto di territorio, ci sono più clan a dettare legge, i proventi delle estorsioni si condividono. Un meccanismo rodato, figlio degli accordi forgiati nel tempo, su mille e affari e altrettanti cantieri, che proprio uno degli imputati si preoccupa di spiegare – intercettato – allo sbigottito capocantiere della ditta «allora, dal chilometro 6-700, fino al chilometro di Pellaro, quella è zona mia dal semaforo di Pellaro fino al kilometro 22, la competenza è metà alla mia famiglia, metà ad altri; dal chilometro 22 fino al 31, il territorio è delle persone che avete già incontrato, e che adesso visitiamo». Quello che probabilmente i clan non avevano previsto era la ribellione dell’imprenditore Mimmo Costanzo, titolare della Cogip, che ha deciso di denunciare i propri estorsori alla Dia di Catania, così come la piena collaborazione dei lavoratori che, quando l’indagine è passata a Reggio Calabria, non hanno esitato a collaborare con gli inquirenti.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
x
x