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"Piccolo carro", slitta il processo al perito "infedele"

REGGIO CALABRIA Falsa partenza per il processo che vede alla sbarra Daniele Schinardi, il perito di parte finito agli arresti domiciliari per calunnia aggravata dalle modalità mafiose per aver accu…

Pubblicato il: 09/10/2014 – 13:38
"Piccolo carro", slitta il processo al perito "infedele"

REGGIO CALABRIA Falsa partenza per il processo che vede alla sbarra Daniele Schinardi, il perito di parte finito agli arresti domiciliari per calunnia aggravata dalle modalità mafiose per aver accusato gli investigatori di aver falsato le prove a carico di Domenico Demetrio Praticò, imputato nel procedimento “Piccolo carro” all’esito del quale è stato condannato a 15 anni e 8 mesi di carcere. Un difetto di notifica ha fatto slittare al prossimo 17 novembre la prima udienza per gli adempimenti tecnici e la deposizione del primo testimone citato dal pm Sara Amerio, il maresciallo capo dei carabinieri Antonio Nucera, estensore di una nota di polizia giudiziaria sui movimenti di Praticò il 21 gennaio del 2010, il giorno in cui una Fiat Marea carica di armi ed esplosivi inutilizzabili viene rinvenuta sulla strada che avrebbe dovuto percorrere il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Proprio lui – stando a quanto affermato in aula da Schinardi, chiamato a testimoniare nel procedimento “Piccolo carro” in qualità di consulente di parte – avrebbe falsato le prove a carico di Praticò, che per il Ros quel giorno si si sarebbe trovato nella zona coperta dalla cella di Pellaro, insieme al meccanico Francesco Nocera – già condannato in un procedimento separato per aver fornito l’auto che sarebbe stata trasformata in un falso arsenale, ritrovato grazie alla soffiata della “talpa” Zumbo.

Risultanze investigative che Schinardi aveva all’epoca tentato di smontare attraverso un procedimento empirico di sua elaborazione, fatto di «esame dei dati e rilevazione delle frequenze sul terreno» che lo hanno portato a puntare il dito contro il Ros, affermando prima nella propria relazione, quindi in aula: «Ci sono tutti i valori per poter dichiarare la non veridicità dei file consegnati; abbiamo appurato che i file consegnati risultano essere errati o artefatti […] non dando la possibilità di mettere tasselli importanti allo sviluppo della verità». Ma sotto il fuoco di fila delle domande del pm, era stato lo stesso Schinardi a dover ammettere che il suo metodo «non possiede alcuna scientificità» e che lui stesso non è in possesso le competenze né tecniche, né investigative, per poter desumere un potenziale percorso dall’esame – non sempre corretto – di un tabulato.
Ammissioni che non lo hanno salvato né dalla durissima reprimenda del pm Giovanni Musarò, né dal procedimento aperto a suo carico, nell’ambito del quale a luglio è stato spedito ai domiciliari e sottoposto all’obbligo del braccialetto elettronico. Per la Procura infatti «Schinardi incolpava il maresciallo capo Antonio Nucera pur sapendolo innocente con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare la cosca Ficara-Latella». Stando a quanto ricostruito dai pm Musarò e Amerio nella richiesta di rinvio a giudizio, nella propria relazione tecnica il consulente ha accusato Nucera di «aver manipolato il cd rom contente i tabulati telefonici in uso a Praticò Demetrio, in tal modo attestando il falso in un atto destinato a provare la verità e introducendo nel processo prove false a carico di Praticò (…) e di aver occultato i file relativi a tabulati telefonici acquisiti, omettendo di consegnarli alla di difesa di Praticò, che ne aveva fatto richiesta».

Affermazioni che avevano contrariato il pm Musarò, che al termine del procedimento aveva chiesto e ottenuto per il consulente la trasmissione degli atti in Procura.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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