Baci, abbracci e pacche sulle spalle che accompagnavano i buoni propositi, srotolati nel corso di una caciarosissima conferenza stampa appena lunedì scorso, sembrano già un lontano ricordo.
Il segretario regionale del Pd Magorno, il presidente designato dalle primarie Oliverio e il “renziansconfitto” Callipo (Gianluca) sono a Roma da due giorni ma più si parlano e meno si capiscono. Nè aiutano a smussare gli angoli i supporter dei tre protagonisti principali, impegnatissimi a creare sempre nuovi momenti di attrito piuttosto che cercare di stendere un comune piano operativo agganciato a regole certe.
I nodi sostanzialmente restano due: quello delle alleanze e quello delle liste. E se sul primo si intravede la possibilità di un chiarimento grazie ai paletti posti dalla segreteria nazionale, sul secondo si rischia il muro-contro-muro.
Eppure di tempo ne resta poco a disposizione: lunedì è convocata la direzione regionale del Pd calabrese e lì si dovrà mettere nero su bianco un documento che indica linee, comportamenti e regole per la stesura delle liste. È chiaro a tutti che dalla direzione si deve uscire con un documento unitario, contarsi sulle regole sarebbe un pessimo esordio e avrebbe contraccolpi anche elettorali.
Allo stato, però, le posizioni restano rigide: da una parte c’è chi vuole liste forti anche a costo di chiudere un’occhio sulle condizioni dei candidati. Dall’altra, invece, si invoca una rigenerazione totale che tradotta in parole aride significa candidature tutte nuove.
Si radicalizza il confronto per poi trovare, se si riuscirà a trovarla, una linea di compromesso ma anche in questa direzione le insidie non mancano: come ci si regolerà con i consiglieri uscenti che risultano indagati? Si ricorrerà ad una “deroga alla calabrese”, facendo finta di nulla, oppure si applicheranno le regole usate nel resto d’Italia negando la candidatura?
Non bastasse, c’è da fare i conti con il “codice etico” raccomandato dalla commissione Antimafia. Sul punto è la stessa Rosy Bindi, già accusata di essersi distratta sulle cose di Vibo Valentia, a rivendicare oggi un’attenzione e un coinvolgimento diretto. Il ragionamento è semplice: il Pd ha la presidenza della commissione Antimafia, non aderire alle indicazioni che da tale organismo provengano significa auto-delegittimarsi.
E qui si innesca l’attacco arrivato nel pomeriggio di ieri a Mario Oliverio da parte di parlamentari ed esponenti del Pd calabrese che segnalano a Guerini il fatto che mentre ancora si discute di regole e paletti, in Calabria c’è chi ha aperto la segreteria politica e avviato la campagna elettorale sostenendo di essere candidato con il centrosinistra.
Il riferimento non è tanto alla lista ufficiale del Pd quanto a quella “del presidente”. Mario Oliverio nega di averla stilata pur confermando la sua intenzione di utilizzarla per allargare l’area storica del centrosinistra, ma i suoi detrattori agitano una lista di nomi sotto il naso di Lorenzo Guerini e si spingono fino ad accusare lo stesso Ernesto Magorno di fare “il pesce in barile”.
Onde evitare che la situazione precipiti, ecco Nico Stumpo proporre una riflessione comune che abbia come primo obiettivo quello di mettere da parte la contrapposizione tra renziani, ortodossi di sinistra e “diversamente renziani”.
Ragiona Stumpo: «Certi atteggiamenti avevano senso fino allo svolgimento delle primarie, ora si deve ragionare in termini diversi e valutare quel che è bene per il Pd e quel che può essergli fatalmente nocivo». Tradotto in fatti concreti significa puntare a una “cabina di regia” comune che aiuti Magorno e Oliverio a parlarsi di più e scegliere in maniera oculata e congiunta. Sapendo che inseguire voti “strani” potrebbe essere non solo inutile e poco etico ma anche controproducente perché spingerebbe acqua verso il mulino di una candidatura di sinistra-sinistra, indebolendo pericolosamente quella di Mario Oliverio. E non è un caso se proprio da un pragmatico come Nico Stumpo arriva un monito chiarissimo: «Molti continuano a credere che in Calabria il voto d’opinione non esiste o non ci riguarda. Io credo che sia vero esattamente il contrario».
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