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FALLARA | La “distrazione” di Zoccali e della ex giunta

REGGIO CALABRIA Non si tratta di semplici condotte illegittime, non si parla di singoli reati, isolati e circoscritti nel tempo. Il motivo per cui l’ex sindaco di Reggio, quindi governatore della C…

Pubblicato il: 24/10/2014 – 16:10

REGGIO CALABRIA Non si tratta di semplici condotte illegittime, non si parla di singoli reati, isolati e circoscritti nel tempo. Il motivo per cui l’ex sindaco di Reggio, quindi governatore della Calabria è stato trascinato in giudizio dal pm Sara Ombra, quindi condannato dal collegio presieduto da Olga Tarzia è «un ben preciso programma criminoso» che consiste nell’«attuare e mantenere, attraverso regole illegali, il consenso politico e per questo violando le regole della più comune gestione finanziaria di un ente, il Comune di Reggio Calabria, di cui lo stesso rappresentava la massima carica politica, abusando oltre misura dei suoi poteri, disattendendo norme poste a tutela della pubblica amministrazione e ciò anche per garantire un’adeguata contropartita alla Fallara che incaricava della difesa dell’ente e remunerava come un qualunque professionista esterno».

 

IL RESPONSABILE DEL BUCO È SCOPELLITI
Al netto dei «grandi imbrogli» che avrebbero coperto responsabilità e buchi di bilancio riferibili alle precedenti amministrazioni, sbandierati dal centrodestra nel corso della campagna elettorale per le comunali reggine, una verità giudiziaria sulla reale natura dei conti di Palazzo San Giorgio oggi c’è. Così come c’è – a livello giudiziario – un responsabile del crac del Comune di Reggio Calabria, il cui nome – mettono nero su bianco i giudici – è Giuseppe Scopelliti, riconosciuto colpevole di aver piegato i bilanci alla necessità di mantenere il consenso acquisito. Per i giudici, l’ex primo cittadino «è risultato essere l’artefice unitamente ad Orsola Fallara, personaggio indispensabile per il mantenimento del ruolo politico del primo e per garantire le obbligazioni elettorali contratte nel tempo delle condotte che hanno portato alla falsificazione ed alterazione dei dati del bilancio per occultare il disavanzo di amministrazione sospingendo verso il baratro l’amministrazione locale reggina». La stessa Fallara era dunque non a caso «l’unica a sottrarsi ad ogni regola, controllo, dialogo, sistema, tanto potendosi comprendere solo considerando che la stessa era il braccio destro dell’allora sindaco, quella che consentiva in concreto, l’attuazione dei progetti dell’uomo politico, la persona che teneva sotto scacco il Comune e gli stessi assessori al bilancio, stabilendo, al di là della progettualità politica, le priorità dello Scopelliti e della sua linea politica».

 

LA”DISTRAZIONE” DI ASSESSORI E DIRIGENTI
A questo fine, per anni i bilanci sono stati alterati «mediante artifici banali, rilevabili ictu oculi anche da persone non particolarmente esperte, con la conseguenza che appare stupefacente come tale condotta si sia potuta perpetuare nel tempo senza che i revisori dei conti effettuassero le “indispensabili” verifiche sull’attendibilità delle previsioni di entrata e di spesa». Ma anche – sottolineano i giudici – nell’olimpica indifferenza di dirigenti, funzionari e politici di maggioranza, «il cui comportamento può essere qualificato quantomeno in termini di deliberate indifference». Nonostante le lunghe code di imprenditori che reclamavano i pagamenti dovuti, nonostante le proteste di lavoratori e dipendenti delle società riferibili al Comune, dirigenti e funzionari come l’ex city manager Zoccali, ma soprattutto politici di maggioranza non vedevano – o almeno così molti hanno asserito, specificano i giudici – le difficoltà economiche dell’ente, così come non vedevano quegli incarichi illegittimamente attribuiti da Scopelliti alla Fallara per il fedele servizio prestato. Incarichi lautamente retributi, divenuti uno dei capi di imputazione a carico dell’ex primo cittadino, che si è sempre giustificato asserendo di «firmare carte senza leggere».

 

QUEGLI INCARICHI ILLEGITTIMI
Al contrario, afferma il Collegio, Scopelliti «consapevolmente firmava le delibere di incarico in favore della dirigente dell’Ufficio legale, in spregio alle norme di legge e in violazione delle regole e dei criteri adottati dall’ente per la difesa in giudizio». Incarichi – specificano i giudici – del tutto sganciati dalla procedura stabilita per le attività di difesa e sottratti al visto del dirigente dell’ufficio legale per motivi ben precisi: «Questa corsia preferenziale oltre che illegittima per le ragioni sopra esplicitate, non aveva altra ragione se non quella di favorire indebitamente la beneficiaria che gestiva il contenzioso tributario, aggiungendo al ruolo di dirigente, quello, del tutto incompatibile, di professionista privato in conflitto con la qualità di dirigente». Considerazioni per nulla scalfite dalle pubbliche giustificazioni di Scopelliti che, tanto in sede di interrogatorio, come in dibattimento, ha sostenuto di aver firmato senza controllare di cosa si trattasse «posto che – mettono nero su bianco i giudici – lo stesso Scopelliti ha dichiarato di avere discusso dell’argomento relativo alla difesa dell’ente con la Fallara che si era con lo stesso proposta per l’incarico (Queste cose le posso fare io al minimo spendendo veramente pochi soldi)».

 

UNA SCUSA CHE NON TIENE
Ma soprattutto, evidenzia il collegio, lo stesso ex governatore si sarebbe contraddetto «nell’affermare di ricordare, da un canto, di avere firmato al più tre incarichi professionali per la Fallara, dall’altro, offrendosi alla semplicistica giustificazione di avere apposto la propria firma su un numero assolutamente consistente di atti, perchè delle due l’una: o era consapevole di avere conferito degli incarichi alla Fallara o di tanto non ha avuto contezza essendo inseriti siffatti atti nel calderone di quelli per i quali, omesso ogni controllo, egli siglava senza sapere di cosa si trattasse». Quella fornita da Scopelliti, per il collegio non è che una versione di comodo che conferma la «scarsa attendibilità dell’imputato», perché «non si trattava di firme su atti routinari, ma documenti che necessariamente dovevano essere allo stesso noti in quanto seguivano una procedura “anomala” in ragione del fatto che le ordinanze di incarico della Dirigente dell’ufficio venivano direttamente firmate dal Sindaco senza passare dall’ufficio legale o dall’ufficio di Gabinetto».

 

a. c.

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