COSENZA Si svolgerà venerdì, 31 ottobre, la prima udienza del processo sui falsi esami all’Università della Calabria. La Cassazione ha deciso che sarà la Procura di Catanzaro a fare luce sui presunti brogli commessi all’Unical. L’inchiesta, denominata “110 e lode”, è partita a seguito di un esposto presentato alla magistratura dall’ateneo di Arcavacata su presunte irregolarità nella tenuta dei registri che certificano il sostenimento degli esami universitari alla facoltà di Lettere. Sono sessantuno gli indagati, tra i quali studenti e personale di segreteria, che sono accusati a vario titolo dei reati di falso e introduzione abusiva nel sistema informatico dell’ateneo. Ma l’inchiesta ha subìto delle battute d’arresto per affrontare la questione della competenza terrioriale.
Il gip del capoluogo bruzio, in fase di indagine preliminare, davanti alla richiesta di misura cautelare della Procura cosentina – rappresentata dal pm Antonio Bruno Tridico – aveva opposto la sua incompetenza territoriale per le ipotesi dei reati informatici trasferendo gli atti a Catanzaro. Però il gup di Catanzaro, Domenico Commodaro – chiamato a decidere sul rinvio a giudizio degli imputati – ha fatto presente la sua incompetenza territoriale disponendo il trasferimento degli atti a Cosenza. Il giudice accolse l’eccezione di incompatibilità, sollevata da un avvocato, secondo il quale nel caso specifico non si può parlare di accesso abusivo nel sistema informatico – la cui competenza è del distretto di Catanzaro –, ma di semplice frode informatica di competenza della Procura ordinaria, e quindi di quella bruzia dal momento che gli episodi si sarebbero verificati a Cosenza. A questo punto, gli atti sono tornati a Cosenza e il pm avrebbe dovuto riformulare i capi d’imputazione.
Ma il sostituto procuratore Tridico, titolare dell’indagine, ha atteso di leggere le motivazioni della decisione del giudice catanzarese e ha poi deciso di presentare ricorso. Per la Procura bruzia l’accusa è di accesso abusivo, quindi la competenza è di Catanzaro. Un guazzabuglio giuridico che il pm Tridico ha chiesto di risolvere – anche per evitare il rischio prescrizione – presentando ricorso e facendo in modo che fossero gli ermellini a sciogliere il nodo. Secondo la Suprema Corte la competenza è di Catanzaro perché il reato che sarebbe stato commesso dagli imputati è di accesso abusivo nel sistema informatico.
ANCHE IL FASCICOLO SUL TRENTA ALLA FIGLIA DEL BOSS PASSA A CATANZARO
E’ passata anche a Catanzaro l’inchiesta della Procura di Cosenza sul trenta alla figlia del boss di Marina di Gioiosa Jonica Rocco Aquino. Il pubblico ministero Tridico, che già si è occupato dell’inchiesta sui falsi esami registrati nella facoltà di Lettere dell’Unical, ha chiuso le indagini, che vedono iscritti al registro degli indagati, oltre alla giovane, il professore Franco Rubino, ex preside della facoltà di Economia, e il suo assistente Maurizio Riya. Tutti e tre sono indagati anche per concorso in falso. L’ipotesi sulla quale gli uffici giudiziari lavorano da tempo – e che è emersa nell’ambito dell’inchiesta “Falsa politica” – è che il voto sarebbe stato acquisito senza sostenere alcuna prova. Nelle pagine dell’ordinanza emessa dalla Dda c’è una conversazione emblematica. È Rocco Aquino a fornire indicazioni a sua figlia: «Vai a bussare (nella stanza del professore Rubino, ndr) che c’è l’assistente e gli spieghi chi sei e chi non sei». Il “piano” funziona perfettamente. L’appuntamento è fissato alle 15:30 e alle 15:31 la ragazza chiama per rassicurare il genitore: sul suo libretto c’è un bel 30.
La chiusura delle indagini arriva dopo gli interrogatori della studentessa e dei due docenti. La prima non ha risposto alle domande del pm, mentre le dichiarazioni dell’ex preside – secondo il quale si sarebbe trattato del normale esame di una ragazza ben preparata – hanno suscitato qualche perplessità nel magistrato.
Il nome del professore saltò fuori in una telefonata del 2007 tra l’ex assessore provinciale reggino, Rocco Agrippo, e un tale Gaetano. Il riferimento era proprio al famoso esame. Il politico avrebbe reso possibile, secondo gli inquirenti, la celebrazione dell’esame solo pro forma, coinvolgendo, attraverso il tale Gaetano, il titolare della cattedra e i suoi assistenti. Tra il professore Rubino e appartenenti al clan non sono, però, mai emersi contatti diretti. E nemmeno tra il cattedratico e Agrippo. Non è escluso che i due fascicoli vengano unificati.
Saranno i giudici di Catanzaro a fare luce sui presunti falsi esami all’Unical.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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