REGGIO CALABRIA Hanno trovato ad attenderli latte o the caldo, coperte e vestiti asciutti i 250 migranti arrivati questa mattina al porto di Reggio Calabria a bordo della nave della marina militare Sfinge. Assistiti dai volontari della protezione civile, interi nuclei familiari sbarcano con sul volto l’espressione quasi incredula di chi è sopravvissuto alla morte annunciata. Hanno saputo che altri non ce l’hanno fatta, hanno saputo che nelle stesse ore in cui sono stati soccorsi da un mercantile che li ha rimorchiati fino al porto di Augusta, il Mediterraneo ha reclamato un ennesimo tributo di vite, e ancora stentano a credere di non essere stati loro i prescelti.
A tentare la traversata sono state intere famiglie, con figli piccoli al seguito – sono 51 i minori arrivati al porto di Reggio, insieme a 157 uomini e 42 donne, tre delle quali incinte – ma anche uomini e donne che in solitudine hanno tentato la scommessa di cercare una vita migliore sull’altra sponda del Mediterraneo, lontano dalla guerra e dalla minacciosa avanzata dell’Isis e del califfato islamico.
Infreddoliti, ancora terrorizzati da quella traversata che più volte ha rischiato di trasformarsi in tragedia, ma in discrete condizioni di salute – accertate da un primo triage a bordo e confermate dai controlli effettuati dai medici della Croce Rossa al porto – i migranti sono stati divisi fra i pullman che li condurranno in centri di permanenza dentro e fuori regione. Nessuno di loro infatti rimarrà a Reggio. «La Prefettura – spiega l’architetto Alampi, coordinatore cittadino della protezione civile – ha preferito smistare i migranti in strutture più idonee, ma allo “Scatolone” tutto era già pronto nel caso fossimo stati interessati come centro di prima accoglienza. In futuro, sarà tuttavia necessario individuare un’altra struttura, perché quella deve essere liberata su richiesta della “Federazione italiana pallacanestro”».
a. c.
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