MILANO «Sono arcistufo di amministrazioni di centrosinistra che si autoassolvono a priori, danno piena e formale fiducia ai magistrati, dichiarano la loro totale innocenza, impermeabilità, senza sentirsi in dovere di avviare indagini per individuare eventuali responsabilità sul piano amministrativo e politico, anzi, chi osa porre dubbi viene attaccato». È chiaro e netto e non risparmia critiche in primo luogo ai suoi compagni di partito David Gentili, presidente della Commissione Comunale Antimafia di Milano e anima critica del Pd meneghino, che già due anni fa aveva chiesto di accettare le dimissioni dell’ex consigliere comunale Luigi Addisi, arrestato la scorsa settimana nell’operazione della Dda milanese contro il clan Mancuso, Intervistato oggi da Cesare Giuzzi per il Corriere della Sera, Gentili – noto in città e non solo per le battaglie condotte spesso in splendida solitudine per la trasparenza e la legalità – punta il dito contro quanti «per superficialità, per convenienza, per codardia» hanno permesso che personaggi come Addisi conquistassero prima una candidatura, quindi deleghe importanti nelle amministrazioni guidate dal centrosinistra. «Addisi ha lavorato dal 2009 alla Milano-Serravalle, è stato nel Cda di Cap Holding, ex coordinatore cittadino di Forza Italia, è passato all’Udeur per poi finire al Pd nel 2009. Sua di Rosaria, moglie di Antonio Oliverio, ex assessore della giunta Penati. Tina e Rosaria sono le nipoti dei fratelli Mancuso tutti con precedenti di polizia per associazione mafiosa» dice indignato Gentili, che adesso pretende «attenzione massima alle prossime amministrative. Il Pd è dato per vincente in diversi territori. Servono trasparenza, rigore, selezione approfondita e condivisa delle candidature». Anche perché, Addisi non è certo l’unica eccezione all’interno del Pd di Milano e del suo hinterland. Insieme a lui, sono diversi i politici dem di più o meno grosso calibro, che hanno visto i propri nomi comparire nelle inchieste degli ultimi anni. Sebbene quanto emerso sia stato ritenuto penalmente rilevante per pochi o nessuno, per il presidente della commissione antimafia è necessario fare chiarezza e procedere con più rigore. Soprattutto all’interno. Esempio ne sia il caso di Pasquale Marando, ex vicesindaco di Grotteria, trasferitosi in terra lombarda dove è stato destinatario di un provvedimento di sorveglianza speciale di 3 anni e sei mesi per «al fine di effettuare un efficace controllo e di prevenire la ripresa dei contatti con il mondo criminale di appartenenza», specifica Gentili, citando la sentenza. Nel 2009 è stato sorpreso a discutere di voti con Carlo Antonio Chiriaco, ex direttore sanitario dell’Asl di Pavia, condannato per concorso esterno e per i suoi rapporti con i boss della ‘ndrangheta e con i vertici della politica lombarda. «Marando – ricorda Gentili – è stato contattato per recuperare i voti dei calabresi di Buccinasco per le elezioni del2007. Avrebbe dovuto convincerli a non votare per il centrodestra ma per il centrosinistra». Una situazione su cui il presidente della commissione comunale antimafia pretende chiarezza «Chiederò ora un approfondimento di eventuali responsabilità nel partito per quanto accaduto,di verificare se ci siano altri casi da affrontare con la massima emergenza. Questo fa la differenza tra il Pd e gli altri partiti. Noi si reagisce, ci si confronta, ci si scontra, ma non si sta zitti».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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