LAMEZIA TERME Nuova udienza per il processo “Breakfast”, il procedimento che vede imputato l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, alla sbarra insieme all’ex segretaria di Amedeo Matacena, Maria Grazia Fiordelisi, entrambi accusati a vario titolo di aver aiutato l’ex parlamentare di Forza Italia, tuttora in fuga a Dubai, a sottrarsi a una condanna definitiva per mafia, come a occultare il suo immenso patrimonio. A poco più di due settimane dall’inizio del dibattimento, superate le eccezioni preliminari – avanzate dalle difese e rispedite al mittente dal collegio presieduto dal giudice Natina Praticò – adesso toccherà alle parti – il pm Giuseppe Lombardo per la pubblica accusa, gli avvocati Cristina Dello Siesto, Giorgio Perroni e Patrizia Morelli, per Firodelisi e Scajola – avanzare le richieste istruttorie su cui si disegnerà il futuro dibattimento.
Un processo che si annuncia denso e complicato. Nonostante alla sbarra ci siano solo due imputati, stando alle anticipazioni sarebbero oltre 200 i testimoni chiamati a raccontare il proprio pezzetto di verità sul cosiddetto “caso Scajola”. Per il pm Lombardo – avallo del collegio permettendo – dovrebbero sfilare sul banco dei testimoni oltre 160 tra uomini e ufficiali di polizia giudiziaria, vari dichiaranti fra cui l’ex ufficiale dell’Aisi a Dubai, Paolo Costantini, e Luca Salvi, uno dei soci della Fera srl – azienda finita al centro di diversi approfondimenti investigativi anche per quel finanziamento di 5,9 milioni di euro ottenuto nel gennaio 2009, proprio quando a gestire i milionari investimenti per l’innovazione tecnologica era Scajola – e diversi collaboratori di giustizia. Fra i pentiti, potrebbero tornare in aula a testimoniare l’ex braccio destro dei fratelli De Stefano, Antonio Fiume, l’ex capolocale di Gallico, Paolo Iannò, il pentito cosentino Franco Pino, ma anche Umberto Munaò, Emilio Di Giovine, Antonino Rodà e Antonino Zavettieri.
Non altrettanto folta, ma ugualmente “densa”, la lista testi della difesa di Scajola, che fra i testi a discarico per il proprio cliente potrebbe citare anche l’ex presidente libanese e leader delle Falangi Amin Gamayel, Vincenzo Speziali, nipote dell’omonimo ex senatore del Pdl, Sergio Billè, ex presidente di Confcommercio, il livornese Emo Danesi, ex deputato Dc sospeso dal partito nei lontani anni ’80 perché massone, Massimo Dal Lago, ad di Tecnofin, una delle società finite al centro delle informative della Dia agli atti nell’inchiesta, Guido Roveta, patron della Criotec, cui Scajola si è rivolto per procurare un posto di lavoro a Chiara Rizzo, tramite l’ingegner Antonio Della Corte, responsabile dell’Enea e presidente della Icas, consorzio di cui fa parte la Criotec, anche lui chiamato a testimoniare.
Ma, fra i testimoni che i legali di Scajola vorrebbero convocare, c’è anche Enrico Braggiotti, direttore generale della “Compagnie Monegasque de Banque”, Carlo D’Onofrio, funzionario del Banco di Napoli e l’avvocato Giuseppe Caminiti, chiamato a riferire «in ordine alla candidatura al Collegio XII Reggio Calabria Villa San Giovanni nell’ambito delle elezioni politiche del 2001, alle ragioni delle sua conoscenza con Claudio Scajola e in generale sui fatti al capo B d’imputazione» contestato all’ex ministro.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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