LAMEZIA TERME Sono impegni «volontari e irrevocabili», da sottoscrivere prima di andare al voto e vincolanti, in caso di elezione, per tutta la legislatura. Con Grillo e Casaleggio c’è poco da scherzare: i loro candidati dovranno firmare il rigido “impegno etico” previsto dal Movimento 5 Stelle anche per le regionali calabresi del 23 novembre. Dentro vi è contemplato di tutto, dal modo in cui deve essere condotta la campagna elettorale fino alla restituzione di una parte dello “stipendio” una volta eletti a Palazzo Campanella. E infatti il “codice” grillino ha due sezioni distinti: pre-voto e post-voto. L’intransigenza dei pentastellati sulla questione morale in politica si trasferisce dal Parlamento al consiglio regionale. Senza sconti e forse anche con un bel po’ di zelo aggiuntivo: poche settimane fa l’aspirante governatore Cono Cantelmi ha annunciato il ritiro della candidatura di Fernanda Rombolà, attivista «specchiata e coraggiosa» con un “neo”: è componente dello stesso meet up di Giovanni Pantano, consigliere comunale di San Ferdinando arrestato per mafia nell’operazione “Eclissi”. Un motivo di imbarazzo per tutto il Movimento. Da qui la «scelta netta, al di là dei risvolti penali delle indagini che lo riguardano». E a farne le spese è stata la Rombolà, perché «in Calabria non bastano le liste pulite», ma è necessario «impedire alle organizzazioni criminali di avvicinare qualcuno, anche ingannevolmente, per passare poi all’incasso».
IL “CONTRATTO”
Nessuna deroga, nessuno sconto. L’impegno etico non lascia nulla al caso. Il candidato deve «promuovere innanzitutto il Movimento e le sue idee» prima che se stesso e rispettare le eventuali «linee guida» per la campagna elettorale. Non potrà organizzare pranzi e cene promozionali («nel rispetto della sobrietà che ci contraddistingue») e dovrà pubblicare nella piattaforma del Movimento, almeno 15 giorni prima della data delle elezioni, la propria denuncia dei redditi relativa all’ultimo anno, il certificato dei carichi pendenti e una dichiarazione di non appartenenza a partiti o a logge massoniche. Come trovare i soldi per manifesti e volantini? Solo con le libere donazioni (tetto massimo 100 euro), che dovranno essere rendicontate, con l’obbligo di presentare le spese elettorali (che non possono superare i 500 euro) anche in caso di mancata elezione. L’ultimo punto della prima sezione: «Mi impegno a non promettere a nessuno assunzioni o contratti di collaborazione nel futuro staff consiliare, personale o del gruppo e nelle altre posizioni selezionate dai futuri consiglieri». Cosa succede nell’eventualità di una violazione del codice è facile intuirlo: esclusione dalla lista dei candidati o promessa di dimissioni se le irregolarità dovessero emergere dopo l’elezione in Consiglio.
IN CONSIGLIO
I vincoli si fanno ancora più stringenti una volta varcato il portone dell’Astronave. I grillini eletti si impegnano a partecipare almeno all’80% delle sedute dell’assemblea, «fatti salvi impedimenti per motivi di salute o altri rilevanti motivi personali». C’è il dovere di comunicare all’esterno «ciò che avviene nell’istituzione» e di organizzare un almeno un incontro pubblico ogni 6 mesi con i cittadini. Il consigliere del M5S accetta inoltre di sottoporsi a procedura di “recall” dopo 18 mesi dall’elezione e poi ogni 12 mesi. E se sulle questioni “comportamentali” esiste poco margine di manovra, ne è presente ancor meno circa l’aspetto economico. Il codice interno vieta ai consiglieri pentastellati di ottenere rimborsi per la campagna elettorale e li obbliga ad accettare come compenso 2.500 euro al mese, cui si aggiungeranno i rimborsi a piè di lista per «ragionevoli spese». La quota eccedente dell’indennizzo verrà versata in un «costituendo fondo» di solidarietà per l’emergenza abitativa. Di più: i grillini in Consiglio non potranno assumere nel loro staff «il coniuge, parenti e affini fino al terzo grado, anche di altri eletti».
Non si sgarra, anche perché i portavoce-consiglieri potranno proporre l’espulsione di altri portavoce-consiglieri in caso di palesi violazioni del codice, che «si riterranno accertate nel caso in cui così si esprima la maggioranza dei partecipanti a una votazione sulla piattaforma del Movimento 5 Stelle». Il consigliere “infedele” si impegna allora a dimettersi dall’incarico, accettando anche un’eventuale richiesta danni del Movimento. Insomma, la vita a Palazzo Campanella potrebbe non essere più una pacchia.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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