REGGIO CALABRIA Ancora veleni in casa Cinquestelle. Questa volta a dare fuoco alle polveri di una faida mai sopita, tutta interna ai pentastellati calabresi, è Fernanda Rombolà, ex candidata al consiglio regionale per il partito di Beppe Grillo, esclusa all’indomani dell’arresto dell’ex consigliere comunale di San Ferdinando, Giovanni Pantano, attivista del medesimo meetup della Rombolà. Un’esclusione decisa direttamente da Roma e poi ratificata in Calabria, ma che l’attivista non ha digerito e, dopo alcune settimane, ha deciso non solo di violare la consegna del silenzio sui fatti interni al movimento e mettere in piazza come quella decisione sia maturata, ma anche di querelare l’attuale candidato alla presidenza della Regione Cono Cantelmi, annunciando al contempo azioni legali contro il Movimento 5 Stelle. «Cantelmi parla di principi morali, ho sentito alcuni portavoce del Movimento 5 Stelle parlare di quest’esclusione come un atto dovuto, adesso quello che voglio chiedere è: chi è il male per i Cinquestelle, sono io o le persone che hanno agito in questo modo? Chi ha dimostrato principi morali? Queste persone o io? Io stamane ho presentato querela verso questo comunicato e agirò anche contro l’esclusione fatta dal Movimento Cinquestelle», sbotta la Rombolà di fronte alle telecamere di Pianainforma.it, cui ha affidato il suo j’accuse. L’ex candidata ne ha per tutti: per il blog del Movimento, che ha comunicato la sua esclusione con «un post, o meglio un ps di due righe, anonimo e senza motivazioni, probabilmente perché motivazioni non ce ne sono», ma anche per quello che fino al momento dell’esclusione era il “suo” candidato alla presidenza della Regione, che «si è sentito in dovere di fare un comunicato e sinceramente non so perché visto che lui mi disse a Villa, nel primo appuntamento del tour ufficiale, di non aver avuto alcun ruolo nella decisione e di averlo appreso insieme a me».
Un comunicato giudicato offensivo dalla Rombolà perché «allude a un possibile avvicinamento di personaggi loschi alla mia persona», dunque meritevole di querela, anche se non sembra essere Cantelmi il vero obiettivo delle accuse dell’ex candidata. Per Rombolà, la responsabilità delle sue disgrazie politiche è da attribuire a un non meglio precisato «gruppo di persone che mi ha escluso dalla lista, senza averne l’autorità e senza motivazione». Una decisione arrivata all’esito di un processo che l’attivista non esita a mettere in piazza, tirando in ballo anche il deputato Sebastiano Barbanti. Alle telecamere della piccola emittente della Piana, Rombolà spiega infatti che «il post apparso sul blog di Grillo è l’ultima fase di una procedura che inizia il 16 ottobre, quando avviene una riunione in una stanza di Roma, non si sa bene dove. È stato designato per comunicarmi la decisione Sebastiano Barbanti, che mi chiama per dirmi che è stato deciso di escludermi dalla lista nonostante lui e un altro parlamentare si fossero opposti. Mi ha comunicato che nella riunione si è deciso che io dovessi fare una rinuncia e che mi avrebbe chiamato in seguito lo staff comunicazione per prendere in carico questa rinuncia».
Una soluzione che avrebbe scaricato sulle spalle di Rombolà una decisione che in realtà non le apparteneva e che in quelle ore – spiega – l’ha lasciata più che perplessa. «Mi hanno chiamato, ma lì ho comunicato che in realtà non sapevo bene cosa dovessi scrivere in questa rinuncia e ho chiesto a questa persona di abbozzare una dichiarazione e di farmela avere via mail. La sera mi chiama Sebastiano per dirmi che la dichiarazione non avrebbero potuto inviarla via mail per evitare di far rimanere traccia e che gli avevano fornito una bozza che io avrei dovuto scrivere sotto dettatura, per poi presentarla».
Parole che sembrano rivelare un clima da caccia alle streghe all’interno del movimento, ma che fanno soprattutto infuriare Rombolà, che si rifiuta di obbedire ai diktat dell’anonimo staff nazionale. «Io dissi a Sebastiano – rivela l’attivista – che ci avrei pensato e di riferirlo allo staff. Pochi secondi dopo mi chiama Sebastiano dicendo che dallo staff premevano per avere questa dichiarazione. Mi sono innervosita e gli ho fatto sapere che avrei comunicato la mia decisione al riguardo il mattino successivo».
Stando a quanto dichiarato dall’attivista pentastellata, la nottata non avrebbe ammorbidito i suoi propositi battaglieri, tanto che allo staff prima e a Barbanti poi avrebbe comunicato di non avere alcuna intenzione di presentare la rinuncia, rivendicando di avere tutti i requisiti e i numeri per partecipare alle elezioni: «Mi si dice che rinunciando avrei dimostrato di avere le palle, mi sarei potuta ricandidare, sarebbe stato per il bene del Cinquestelle, quindi si punta sul senso di colpa perché avrei minato la campagna elettorale, ma alla fine io rimango della mia posizione».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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