CATANZARO Ha avuto solo un momento di incertezza Chiara Rizzo, non più agli arresti domiciliari da ieri, su decisione del gup di Reggio Calabria, e sottoposta all’obbligo di dimora, nell’intervista concessa stasera al Tg1. E’ stato quando le è stato chiesto perché il marito, l’armatore Amedeo Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e rifugiato a Dubai, non torna in Italia adesso che lei è libera. “Non mi voglio dare una risposta. Mi fa è apparsa più sicura quando le è stato chiesto se l’ex ministro Scajola, sotto processo a Reggio Calabria con l’accusa di avere favorito la latitanza di Amedeo Matacena, sia stato innamorato di lei. “Questo – è stata la sua risposta – deve chiederlo a lui”, e non ha aggiunto altro. Spigliata, sicura, perfettamente a suo agio davanti alla telecamera, Chiara Rizzo ha risposto puntualmente a tutti i quesiti che le sono stati rivolti. “E’ vero che con Claudio Scajola – ha detto – parlavamo del Libano”, dove, secondo l’accusa, Matacena avrebbe voluto trasferirsi perché meno propenso a concedere un’eventuale estradizione. “E’ vero che lui – ha aggiunto la Rizzo – mi aveva detto che erano tutte cose lecite e che si trattava solo di cercare un asilo politico. Scajola è stato sempre pronto ad aiutare”. Chiara Rizzo si è anche schermita quando è stato fatto riferimento al periodo che ha trascorso a Montecarlo ed al soprannome “Lady Champagne” che le era stato attribuito, a quanto pare, nel Principato. “Sono astemia – ha detto – ma mi hanno descritto in maniera esagerata. La forza me la danno in miei figli. Ho trascorso 192 giorni in stato di detenzione, di cui 59 in carcere e il resto ai domiciliari a 1.400 chilometri di distanza da Montecarlo, dalla mia casa, dai miei figli”.
Quindi la sua difesa rispetto all’accusa di avere tentato di schermare il patrimonio del marito per evitare che fosse sequestrato. “Tutto il patrimonio di mio marito di cui si e’ parlato – ha detto – e’ tutto lecito. Io non ho schermato niente e non avevo nessun motivo di schermare nulla. Confische non ce ne sono mai state”. L’intervista di Chiara Rizzo è stata commentata dal marito con una dichiarazione all’Ansa. “Mia moglie – ha detto Matacena – ha subìto un abuso di potere con l’esercizio di un sequestro di persona. Come ho già detto sarei tornato se fosse servito a farla liberare. La cosa che mi ha fatto male e’ stato notare che Chiara non portava la fede. So che mi ama e io amo lei. Se fosse venuta di persona a chiedermi di tornare per salvare il matrimonio e la famiglia sarei tornato subito. Ma altrimenti cosa tornavo a fare per stare tutti e due in cella e senza poter aiutare i nostri figli? Almeno cosi’ ho la possibilità di parlare con mio figlio”. Quindi un riferimento ai rapporti tra la moglie e Claudio Scajola. “So che queste storie delle relazioni non stavano né in cielo né in terra, come anche quella con Caltagirone”. “E’ vero che con Claudio Scajola parlavamo del Libano. E’ vero che lui mi aveva detto che erano tutte cose lecite e che si trattava solo di cercare un asilo politico. Scajola è stato sempre pronto ad aiutare”. Così Chiara Rizzo, in una intervista al Tg1 dopo la fine dei domiciliari, ha parlato dei suoi rapporti con l’ex ministro, imputato con lei nell’inchiesta della Dda di Reggio Calabria su presunti aiuti alla latitanza di Amedeo Matacena. “Scajola innamorato di me? ha aggiunto – questo deve chiederlo a lui”. “Non mi voglio dare una risposta. Mi fa male”. Così Chiara Rizzo ha risposto alla domanda sul perché il marito, Amedeo Matacena, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e rifugiato a Dubai, non torna in Italia adesso che lei è libera. “Sono astemia – ha aggiunto – ma mi hanno descritto in maniera esagerata. La forza me la danno in miei figli. Ho trascorso 192 giorni in stato di detenzione, di cui 59 in carcere e il resto ai domiciliari a 1.400 chilometri di distanza da Montecarlo, dalla mia casa, dai miei figli. Tutto il patrimonio di mio marito e di cui si è parlato è tutto lecito. Io non ho schermato niente e non avevo nessun motivo di schermare nulla. Confische non ce ne sono mai state”.
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