CATANZARO Tre ore di confronto sul rapporto tra nord e sud del Paese, sullo sfondo il libro di Pino Soriero “Sud: vent’anni di solitudine” e soprattutto i dati del rapporto Svimez 2014 che fotografano un divario socio-economico tra le due aree geografiche che va sempre più allargandosi. Al tavolo dei relatori, davanti ad una platea di studenti, professionisti e amministratori locali, l’autore del libro, affiancato dal presidente dello Svimez, Adriano Giannola, l’arcivescovo di Catanzaro, monsignor Vincenzo Bertolone, il Rettore dell’Uma, Aldo Quattrone, i docenti Nicola Ostuni e Vittorio Daniele, la direttive della filiale catanzarese della Banca d’Italia, Luisa Zappone, il rappresentante studentesco Damiano Carchedi, Sebastian Cianco, presidente Fuci e Lucia Franco, che ha collaborato alla stesura del volume di Soriero.
Ai saluti istituzionali del rettore, è seguita l’esposizione dei dati dell’ultimo rapporto Svimez, commentati dal presidente Giannola: «Per anni si è teorizzata l’inesistenza della questione meridionale, salvo poi accorgersiche invece la quesiton meridionale è forte al punto tale da rischiare di trascinare con sé l’intero Paese. Partendo da questo assunto, è necessaria una seria riflessione sulle responsabilità. Nelle occasioni di discussione sul divario tra nord e sud, spesso sento parlare di tante risorse ricevute e sprecate dal Mezzogiorno: non sono d’accordo, perché i numeri chiariscono che nel corso degli anni le sovvenzioni statali sono diminuite progressivamente e inesorabilmente. Lo Stato ha demandato quindi il sostegno al sud direttamente all’Europa, come se avesse dato in outsourcing il Mezzogiorno. Il problema è che la stessa Europa, e soprattutto i Paesi fuori dall’area dell’Euro, sono il mercato contro cui la Calabria e l’Italia intera devono scontrarsi sul piano economico. Si tratta di una battaglia impari, perché la struttura economica dei Paesi come la Polonia, ad esempio, permette un’espansione contro cui è difficile confrontarsi».
«Ecco perché è necessario – ha proseguito Giannola – riformare gli investimenti nel sud Italia facendo sì che sia lo Stato ad essere regista di una strategia precisa che metta da parte l’austerità. Allo stato attuale, la Calabria da sola, e più in generale il meridione, non può pensare di mettere in pratica delle politiche di sviluppo vincenti, ma può limitarsi a cercare di utilizzare al meglio le risorse europee disponibili. A sostegno di quanto dico, l’esempio è Gioia Tauro: il porto che dovrebbe essere il fulcro dell’economia non solo calabrese ma dell’intero Paese, se non viene sostenuto da una politica statale che lo porti a diventare quel punto di riferimento che ci auspichiamo, rischia di risultare un fiore nel deserto».
A far da eco all’analisi di Giannola, Vittorio Daniele, docente di Politica Economica: “Il ritardo strutturale vissuto dal Mezzogiorno ha portato ad un ampliamento del divario tra nord e sud. Appurato che questo divario esiste, è necessario chiedersi perché, anche se dobbiamo tenere in considerazione che tutti i Paesi hanno al loro interno delle aree che vivono differenze socio-economiche importanti, non solo l’Italia. Non è quindi il fatto che esista il divario il vero problema. Come probabilmente le cause da cui il divario è originato non sono da ricercare esclusivamente nella presenza della criminalità, perché altre regioni del Mezzogiorno in cui fino agli anni ’70 la criminalità non era così pressante come in Calabria, vivono comunque il medesimo ritardo. Allora dove è necessario intervenire? A mio avviso, il nocciolo del problema risiede nella scarsa capacità di attrarre investimenti, non solo al sud, ma nell’intero Paese: l’indice di redditività di un investimento in Italia è poco interessante rispetto alle potenzialità offerte da altri Paesi europei. È quindi necessario pensare non solo per il Mezzogiorno, ma per tutto il Paese, ad una politica capace di rendere più economicamente interessanti gli investimenti perché bisogna capire che se il Paese cresce, cresce tutto insieme, se il Paese arretra, arretra tutto insieme». In conclusione, le parole di monsignor Bertolone sul ruolo della Chiesa nel processo di formazione dell’individuo in un contesto socio-economico complicato: «La Chiesa deve continuare a lavorare al meglio in tutti i suoi ambiti per far capire che la dignità di un uomo non ha prezzo, bisogna costruire coscienze pulite, libere e sottrarle così alla criminalità organizzata. La riflessione che il libro ci offre può essere quindi l’occasione per comprendere come sia necessario lavorare sulla formazione culturale delle giovani generazioni. Per fare questo è fondamentale che anche i governi, nazionali e regionali, lavorino per garantire trasparenza e rispetto delle regole in tutti i settori, soprattutto sanità, ambiente e lavoro».
Alessandro Tarantino
redazione@corrierecal.it
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