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L'“Officina dei folli”

REGGIO CALABRIA Età media 40 anni e una passione per il teatro che li lega dagli anni ’80. Questo gruppo di «14 pazzi», come amano definirsi, dopo un periodo di più di vent’anni all’interno del “Bl…

Pubblicato il: 20/11/2014 – 15:15
L'“Officina dei folli”

REGGIO CALABRIA Età media 40 anni e una passione per il teatro che li lega dagli anni ’80. Questo gruppo di «14 pazzi», come amano definirsi, dopo un periodo di più di vent’anni all’interno del “Blu Sky Cabaret”, gruppo artistico cresciuto a Sbarre (quartiere di Reggio Calabria), scelgono di rinascere con l'”Officina dell’arte”. Parlare della loro creazione, vela i loro occhi di un’emozione che non sminuisce la determinazione e il fuoco che brucia il teatro, quel teatro che cerca il riscatto, la sua giusta importanza e la sua naturale considerazione. Pochi mesi li legano a questa realtà e tanta è stata la strada che questo gruppo ha dovuto fare. È bastato semplicemente guardarsi in faccia, interpretare i rispettivi silenzi per decidere che si sarebbero affrancati dalla vecchia compagnia e ne avrebbero formata una loro. «L’amore che abbiamo verso questa arte ci rende liberi di vivere e di sognare – commenta l’attore Peppe Piromalli –. Ci aiuta ad affrontare la vita in maniera più gioiosa, più sorridente, che è quello che ognuno di noi cerca di fare giornalmente. Ho fatto parte di una compagnia teatrale, il “Blu Sky Cabaret” per 38 anni, gli altri per 22, 23 anni. È una storia lunga, fatta di tanti sacrifici, ma anche di tante soddisfazioni». La scelta di separarsi dalla vecchia compagnia è venuta fuori spontaneamente, come fosse lì in attesa di essere raccolta «A un certo punto ci siamo guardati in faccia – continua Piromalli – io e altri attori e ci siamo detti che quello che stavamo facendo ci stava stretto, volevamo vedere se avevamo un riscontro oltre il palcoscenico che avevamo calcato per tanti anni». L’obiettivo? Cercare di farcela da soli, battere nuove strade teatrali, cercare il nuovo applauso del pubblico ma, soprattutto, puntare sulla novità, sul teatro sperimentale, senza perdere di vista le tradizioni. Il percorso che hanno dovuto affrontare non è stato privo di difficoltà, primo fra tutti trovare un nuovo spazio in cui lavorare.

 

Dal “Blu Sky Cabaret” alla discarica di Sbarre Le basi di questa visione sono state gettate nel gennaio del 2013. Nessuno ci credeva, ma più passava il tempo, più l’idea di poter creare un nuovo corpo artistico si faceva concreta davanti ai loro occhi. Nel luglio 2014, quasi per fatalità, questo gruppo nascente si imbatte in un luogo usato come discarica dove la gente buttava lì la propria spazzatura. La compagnia ha dormito all’interno della struttura per 21 giorni, così da svolgere un lavoro continuo. «Abbiamo preso quello che in realtà era uno spazio comunale adibito a parcheggio e che in seguito era stato donato ad associazioni culturali e scoutistici. Ma loro l’avevano abbandonato per mancanza di fondi. Ci siamo fatti dare le chiavi e dal 14 al 20 luglio abbiamo realizzato una kermesse teatrale con 7 spettacoli. Ogni sera un’esibizione diversa che andava dal teatro, alla musica, al cabaret e al varietà, ma soprattutto abbiamo preso un luogo inabitabile e invivibile e l’abbiamo reso gradevole e restituito alla città». Ciò nonostante i grattacapo non sono mancati. «Abbiamo avuto problemi durante lo svolgimento dell’attività perché, a mezz’ora dall’inizio, ci è stato rubato il cavo dell’Enel che era quello che sosteneva il lavoro», ma questo non è bastato a fermarli.
Non c’è un direttore artistico, è una collaborazione continua da parte di tutti, ognuno con quello che può fare. Sono autofinanziati, senza il sostegno di nessuno. Lo chiamano il capo e si arrabbia «Non sono il capo di nessuno, neanche di me stesso» sostiene Piromalli con la consapevolezza che si tratta, soprattutto, di un lavoro di squadra. «Guardandoci in faccia abbiamo stabilito che era una cosa che si poteva fare e volevamo fare e, con un po’ di follia, si poteva realizzare». «Perché parli di follia?» «Perché secondo me per fare arte a Reggio bisogna essere un po’ folli. Reggio non è pronta, non ha cultura teatrale e artistica, la gente si improvvisa artista. Non so dove arriveremo e se ci arriveremo, ma nei nostri cartelloni ci sono personaggi grandi come Proietti, Brignano, Maurizio Battista e Salemme. Questo è uno dei nostri obiettivi, ma a prescindere dai nomi, nelle programmazioni che faremo ci sarà sempre posto per la realtà reggina, anche con altre compagnie del territorio, cose che con noi non è stata fatta. Al Cilea c’erano gruppi di fuori e non ci è mai stato lasciato uno spazio in programma e di Reggio non c’era mai nessuno».
Quella che considera un gesto dettato dalla pazzia, in realtà sembra avere tutta la concretezza che quest’arte necessita per poter essere studiata, elaborata e portata in scena.

 

Il passaggio da Sbarre al “Teatro Siracusa” «Il passaggio da Sbarre al “Siracusa” è qualcosa che, secondo me, doveva avvenire, per forza. Io ho fatto 180 commedie teatrali dal 1981. Ho esordito con “Il bossolo di casa nostra” di Pippo Scammacca. Ho fatto dell’umiltà un grande segno distintivo. Sono arrivato a 50 anni per capire che la troppa umiltà non paga e quindi ora ci sto mettendo un po’ più di arroganza, sia nel parlare, sia quando salgo sul palco. La gente mi deve conoscere per quello che ho fatto e che andrò a fare, e quindi il passaggio al Siracusa è una cosa quasi normale; se esco dal teatro Loreto, del quartiere di Sbarre che tanto mi ha dato, dove sono e sarò conosciuto dal pubblico, soprattutto per le risate che gli ho fatto fare, se il mio sguardo e quello dell'”Officina dell’arte” sono rivolti al bene comune, non potevamo non andare al Siracusa, ma solo perché il Cilea è chiuso, altrimenti sarebbe stato quello lo spazio riservato a noi. E non è detto che non sarà il Cilea, e non è detto che ci fermeremo a Reggio, perché un’altra visione che ha l’ “Officina” è di riuscire a portare un certo tipo di teatro. Noi non siamo quelli che vogliono i critici seduti in prima fila, noi siamo quelli che raccontano la vita, attraverso storie semplici e cercano di far dimenticare a chi si siede a guardarci che l’indomani mattina ci sono le bollette che l’aspettano».

 

I progetti del teatro Siracusa «Al Siracusa abbiamo messo un cartellone artistico che va dalla prosa, al cabaret, al varietà alla musica. Il 90% è in italiano con inserti vernacolari. Si partirà il 7 dicembre con “I due signori della signora” di Felix Gadera». La musica, la prosa, il cabaret, il varietà occuperanno il palco del “Siracusa” fino a maggio. Ci saranno grandi nomi dello spettacolo nazionale e quelli noti soprattutto nel panorama reggino. L'”Officina” si sfiderà riservando spazio alla didattica con corsi di dizione, recitazione e progetti futuri più ampi che riguardano il cinema e una collaborazione con Fabio Mollo. Commuove vedere e sentir parlare Peppe Piromalli della sua “rinascita” teatrale. «L’officina dell’arte è un sogno talmente reale che, quando chiudo gli occhi la sera, dopo aver baciato tutte le donne di casa (che sono tre) non mi fa dormire. Nella mia insonnia, l’officina dell’arte è così vera che mi fa compagnia mentre sto sveglio. Questo è per me l’officina dell’arte: il teatro, l’amore, gli amici, la vita».

 

Miriam Guinea

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