COSENZA Cita Saverio Strati ricordando che la «Calabria è terra amara ma in grado di riconoscere gli amici». E per Mario Oliverio «Renzi può annoverarsi tra questi». Piovono applausi in sala, il premier ricambia l’assist con un sorriso. Prima del suo arrivo, a Cosenza, si vivono momenti di grande tensione. La città militarizzata e la scelta di celebrare in un luogo chiuso la chiusura della campagna elettorale non riescono a evitare che la situazione degeneri. Su corso Telesio si registrano scontri tra agenti di polizia e attivisti dei centri sociali (armati di striscioni e maschere da Pinocchio), che tentano di sfondare il cordone per arrivare all’auditorium dove è in programma il comizio del leader dem. Finirà con tre poliziotti lievamente feriti e un manifestante portato in ospedale per ferite più serie. Quando Renzi fa capolino sotto la statua di Bernardino Telesio (in netto ritardo rispetto alla tabella di marcia stilata alla vigilia), la situazione è già tornata alla calma ma i fatti calabresi confermano il difficile rapporto tra il presidente del Consiglio e la piazza. La protesta intanto si trasferisce su corso Mazzini, nel salotto buono della città. Fumogeni e un comizio improvvisato: «Delle nostre vite facciamo quello che vogliamo. Ci hanno tolto tutto, chiediamo diritti e ci rispondono con i manganelli». Dentro, nella struttura che porta il nome del primo presidente della Regione Calabria, Antonio Guarasci, il premier-segretario ha gioco facile nel conquistare una platea “amica”. Prima di lui le ovazioni sono tutte per Mario Oliverio. Il candidato a governatore del centrosinistra rivendica il suo non essere custode dell’ortodossia renziana, rivendica il successo ottenuto alle primarie e cerca di scaldare i cuori dei militanti quando scandisce che «il futuro ce lo costruiamo noi».
È solo un breve passaggio dal sapore ottimistico. Il resto, invece, è il rosario delle emergenze da aggredire da lunedì mattina: «Ci presenteremo con proposte su cui chiedere collaborazione. E tra queste tre saranno le priorità: porto di Gioia Tauro, il riassetto e la difesa idrogeologica e la valorizzazione e messa in rete dei beni culturali. Senza dimenticare le emergenze del mondo del lavoro». Oliverio lo definisce il «discorso della verità» da fare ai calabresi: dal record di disoccupazione a quello per basso reddito, ai “179 mila calabresi che negli ultimi tre anni hanno lasciato la Calabria”, all’aumento del «31 per cento» della povertà. E poi «i rifiuti, la mafia, la sanità, i 280 milioni che la Regione spende per i calabresi che si vanno a curare fuori, i pronto soccorso che quando ci vai ti devi raccomandare al padre eterno…». Renzi ascolta attento, alterna sorrisi di approvazione a pause di riflessione. Con Oliverio chiude definitivamente ogni attrito dal punto di vista politico: «Noi scegliamo i nostri candidati con le primarie, non abbiamo paura della democrazia». Quanto ai calabresi, prova a strappare un sorriso con una battuta a effetto: «Siete la terra della Magna Grecia, un po’ troppo avvinta del magna magna di chi vi ha preceduto».
Il premier-segretario tocca le corde giuste quando chiarisce di «non accettare che la Calabria sia considerata terra di ‘ndrangheta. È una cosa schifosa che i politici nazionali si ricordino di questa regione solo in campagna elettorale». C’è differenza anche nel lessico tra Renzi e Oliverio, perché quest’ultimo, in riferimento alla lotta alla criminalità organizzata, non usa mai la parola ‘ndrangheta. Solo un caso? Può darsi. C’è una cosa, comunque, sulla quale entrambi sono d’accordo. Spiega Renzi: «L’Italia non riparte se non riparte il sud e quindi la Calabria. Sarà il caso che l’inaugurazione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria avvenga sotto tono? La A3 è costata più all’Anas di quanto sia costata la sonda Curiosity che la Nasa ha mandato su Marte. Da presidente del Consiglio ho preso l’impegno ad essere presente qui ogni tre mesi. E le porte di Palazzo Chigi sono sempre aperte per chi porta progetti che mirano al cambiamento radicale». Applaudono tutti. Renzi annuncia che la prossima settimana sarà a Reggio Calabria dove incontrerà il nuovo sindaco Giuseppe Falcomatà e poi lancia l’appello finale: «Vi chiedo di non lasciare Mario Oliverio da solo. Domenica votando per lui e per il Pd dovete pensare che votate per chi non lo può fare, per i vostri figli, affinché possano avere la possibilità di restare in Calabria. Questa è la volta buona».
Il rompete le righe sta nell’abbraccio tra Mario e Matteo sotto la sguardo compiaciuto di Ernesto Magorno. Il premier va via corsa in direzione aeroporto di Lamezia Terme “scortato” da Marco Minniti ed Ernesto Carbone. Oliverio riparte verso la “sua” San Giovanni in Fiore per l’ultimo appello al voto. Nell’ex Stalingrado calabrese, laddove tutto ha avuto inizio.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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