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La protesta che merita rispetto

La sua voce la riconosci tra un milione. Non solo perché possente ma anche perché ti dà subito la certezza che ha sentimento, passione, anima. Appartiene a Pasquale Marino che non è un neo-melodico…

Pubblicato il: 29/11/2014 – 14:03
La protesta che merita rispetto

La sua voce la riconosci tra un milione. Non solo perché possente ma anche perché ti dà subito la certezza che ha sentimento, passione, anima. Appartiene a Pasquale Marino che non è un neo-melodico e neanche uomo di spettacolo. È un onestissimo lavoratore calabrese e un altrettanto onesto esponente della Fiom Cgil. Uno di quelli, per intenderci, che ha servito il sindacato e non si è mai servito di esso. La cosa, soprattutto in Calabria, non è affatto scontata. Molte carriere sindacali si sono consumate senza alcun passaggio dalla fabbrica o dai cantieri, hanno però tagliato traguardi politici importanti, al punto che oggi, la Cgil farebbe bene a riflettere prima di scaricare tutto sul «malgoverno della politica» perché di suoi rappresentanti nelle schiere dei parlamentari calabresi, degli ex consiglieri regionali e degli ex assessori se ne possono elencare a decine.

Pasquale Marino ha altra struttura e altra storia, merita per questo rispetto e ascolto. Quando nel piazzale delle Omeca arriva acutissimo il grido «Renzi, e quantu ‘ndi custa sta giostra, ca pagavumo stipendi cu i stessi sordi…», rivolto all’elicottero che volteggia a lungo per garantire la copertura aerea alle imponenti misure di sicurezza disposte attorno alla fabbrica in vista dell’arrivo del premier e delle annunciate contestazioni, riconosci subito la voce di Pasquale Marino. Una voce che merita ascolto oltre che rispetto.

I contestatori sono in massima parte precari e disoccupati in attesa che qualcuno mantenga le promesse. Molte donne, moltissimi giovani padri di famiglia. Decibel a parte non farebbero male a una mosca, la violenza sono abituati a subirla e giammai la praticano. La loro potenza balistica era basata su qualche dozzina di uova, peraltro finite sull’obiettivo sbagliato: la macchina del prefetto. L’unico rischio serio lo ha corso la “permanente” della ministra Lanzetta, avvertita da un perentorio «vatindi ca portamma l’ova», che è bastato a convincerla che non era il caso di ripetere promesse già fatte a Polistena e poi non mantenute dal governo nel quale siede, unico ministro calabrese.

Pasquale Marino al cronista spiega: «Non è vero che siamo prevenuti e non abbiamo ordini di scuderia. Noi a Renzi ci abbiamo creduto. La prima volta che è venuto qui a Reggio io guidavo una delegazione e siamo entrati in prefettura. Con Renzi ho parlato direttamente, gli ho spiegato che i lavoratori che stavano in piazza erano cassintegrati che da maggio del 2013 non prendevano un euro. Vivono della solidarietà di parenti e amici, qui gli ammortizzatori sociali sono le pensioni dei nostri vecchi. Mi ha promesso che arrivavano i soldi a copertura degli ammortizzatori sociali. Non ha mantenuto la promessa. Ho tutto il diritto di dargli del buffone e del bugiardo».

Come dargli torto, sul punto.

Sul resto, però, anche Pasquale Marino, e più in generale il mondo del lavoro e le sue rappresentanze, debbono cominciare a riflettere con schemi diversi. A Gioia Tauro l’accordo di programma quadro non viene realizzato e i soldi tornano all’Unione europea. Vero, ma quell’Apq ha una data ed è quella del 2010, Renzi il suo governo lo vara nel marzo 2014. Le Omeca le si voleva chiudere già alla fine degli anni Ottanta. Si decise di farle morire di sfinimento: commesse sottratte e dirottate a Pistoia, ricorsi massicci alla cassa integrazione, blocco delle attività di formazione e aggiornamento del personale. Il piano di dismissione di Ansaldo Breda Finmeccanica lo vara sotto il governo Berlusconi, lo potenzia sotto quello Monti e lo sta per perfezionare sotto il governo Letta.

Nel 2014 Renzi arriva e cambia i vertici di Finmeccanica, a Moretti impone uno stop. E tuttavia il problema c’è, perché se non si investe in nuove strutture le Omeca non possono reggere la sfida che le attende (alta capacità, metropolitane intelligenti, ecc.). Vanno reperiti sui mercati internazionali gli investimenti necessari (siamo attorno al miliardo) ed è quello che si sta facendo. Occorre da una parte convincere gli investitori della bontà dell’investimento, dall’altra vigilare che chi arriva punti alla crescita e non ad altri obiettivi.

E sì perché c’è una grande differenza tra vendere, come qualcuno banalizza, «ai cinesi», oppure cedere, come il governo Monti voleva fare, a francesi e tedeschi. I «cinesi» puntano ad avere un ruolo nel mercato europeo aprendo fabbriche in loco e potenziandole al massimo, restando in compartecipazione. Francesi e tedeschi avevano come obiettivo togliere dal mercato un concorrente preparato e temibile come Ansaldo Breda a tutto vantaggio delle proprie aziende.

Insomma, c’è una differenza nello stare al fianco di Pasquale Marino perché se ne condividono passione e onestà e lo starci per tentare un uso strumentale delle sue ragioni. Così come c’è una differenza tra stare con Matteo Renzi per le stesse ragioni per le quali si stava con Berlusconi, Monti e Letta e lo starci, invece, per capire se andrà avanti sulla via della rottura di antiche alleanze contro l’industrializzazione della Calabria. Radicalizzare lo scontro e rinunciare al confronto potrebbe fare il gioco di chi, in Calabria, vuole consegnare anche Renzi, come i suoi predecessori, ai “padroni delle ferriere”.

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